ostaggio
ostàggio s. m. [dal fr. ant. hostage (mod. otage), che è prob. un lat. tardo *hospitatĭcum, der. di hospes -pĭtis «ospite»]. – 1. Cittadino di uno stato nemico che un belligerante tiene in proprio potere e contro il quale minaccia di prendere determinate misure nel caso di eventuali violazioni di un proprio diritto dalla parte avversa; in partic., abitante di un paese occupato che la potenza occupante sottopone ad arresto e detenzione per garantire, contro ogni possibile atto di ostilità della popolazione, la sicurezza delle sue forze armate e l’esecuzione dei suoi ordini: chiedere, imporre ostaggi; consegnare o riconsegnare gli o.; proporre uno scambio di ostaggi (mentre nel diritto internazionale la consegna di ostaggi è un istituto ormai in desuetudine, è invece sempre più frequentemente praticata la cattura di ostaggi da parte di forze armate irregolari a scopo di intimidazione o rappresaglia, nonostante il divieto esplicito in tal senso formulato dalla Convenzione di Ginevra del 1949 sulla protezione dei civili in tempo di guerra). 2. Per estens., nell’uso com., chiunque sia preso e trattenuto a forza (da banditi, rapinatori, dirottatori, terroristi, carcerati, o da una fazione in lotta contro un’altra) come garanzia di incolumità o impunità, come mezzo di ricatto, o comunque per servirsene a propria difesa: dare, prendere, tenere qualcuno in ostaggio (o come ostaggio); rilasciare un o., gli ostaggi.