otaku
s. m. e f. e agg. inv. Giovane appassionato di fumetti e animazione giapponese che trascorre la maggior parte del proprio tempo in casa, dedicandosi in modo quasi ossessivo al collezionismo, ai giochi elettronici, a Internet, alle relazioni mediatiche a sfondo sessuale; relativo a tale fenomeno giovanile. ◆ In Giappone li chiamano otaku, parola usata per indicare genericamente la casa di qualcuno, ma anche termine con il quale viene definita una persona che in casa passa la maggior parte del suo tempo. È sinonimo di collezionista maniacale che raccoglie fumetti, di appassionato di videogame o di persona che ha trasformato il computer e Internet nel centro della sua esistenza. In realtà otaku, parola usata frequentemente in Rete, è oggi un termine applicabile a tutte le comunità high tech. (Sole 24 Ore, 30 gennaio 2000, p. 46, Fuori orario) • Il termine otaku entrò nel gergo dei media nei primi Anni Ottanta quando comparve in alcuni articoli del giornalista Nakamori Akio, seguiti da interventi, studi e saggi di sociologi, psicologi, massmediologi, che arrivarono perfino a parlare di «panico otaku». Indica gli adolescenti fanatici collezionisti di immagini e oggettistica attinenti i loro idoli della musica, della tv, del cinema. Giovanissimi asociali e individualisti, appassionati di fumetti e videogiochi, incapaci di relazionarsi con gli altri se non attraverso le tastiere dei computer, hanno comportamenti autistici e vite virtuali. (Angelo Z. Gatti, Stampa, 24 febbraio 2007, Tuttolibri, p. 5).
Dal giapp. otaku, forma onorifica di taku (‘la propria casa’, che indica la casa dell’interlocutore), propr. ‘voi, la vostra casa’.
Già attestato nel Corriere della sera del 30 luglio 1992, p. 11, Cronache.