palluto
agg. Che ha le palle, tosto. ◆ C’è già un altro, qui a fianco, che corre per quello: Roberto Baggio, in bandana. Si sta allenando sul campo del Bologna, proprio mentre [Beppe] Signori riepiloga. «Mi sento bene, sono al 70%, poi come al solito devo tutto al mio piede sinistro. Non mi sono mai considerato un problema. Ora mi fa sentire bene la squadra: non pallosa, ma palluta, visto che bisogna citarne gli attributi». (Valentina Desalvo, Repubblica, 26 marzo 2002, Bologna, p. IX) • «Chiamatemi signor sindaco». Ecco, cominciamo di qui. La prima donna a Palazzo Marino, nella storia. La prima gonna, di seta color nocciola, sullo scranno che governa Milano. Le hanno detto [a Letizia Moratti] che è «palluta», che è «una con gli attributi», e [Umberto] Bossi perfino «preferisce noi perché ce l’abbiamo duro». (Fabrizio Ravelli, Repubblica, 31 maggio 2006, p. 6) • C’è un Toro che [Urbano] Cairo, con azzeccato neologismo, definisce «palluto»: «È la squadra che piace a me, che parte per andare all’arrembaggio. Io sono un uomo d’attacco, è bello che lo sia anche il Toro». (E. G., Repubblica, 19 marzo 2007, Torino, p. VII).
Derivato dal s. f. palla con l’aggiunta del suffisso -uto.