pappataci
s. m. [comp. imperativale di pappare e tacere; propr. «mangia e taci!»]. – 1. non com. Chi, per amore di quieto vivere, o per pusillanimità, pensa a mangiare e a fare i proprî interessi senza reagire a umiliazioni e sim.; in partic., chi, per vile tornaconto, tollera situazioni umilianti (per es., un marito che permetta, per trarne vantaggio, le infedeltà della moglie). 2. a. Nome comune di una specie di dittero nematocero della famiglia psicodidi (lat. scient. Phlebotomus papatasii). Febbre da p., malattia benigna, determinata da un virus trasmesso all’uomo dalla puntura della femmina di tale dittero, caratterizzata da febbre, dolori addominali, cefalea e grave astenia, della durata media di tre giorni (da cui l’altro nome di febbre dei tre giorni). b. Per estens., nome delle varie specie della famiglia psicodidi, dette anche flebotomi, ematofaghe e cosmopolite, le cui larve vivono in luoghi umidi e si cibano di detriti organici; gli adulti succhiano il sangue di vertebrati, e possono trasmettere diverse malattie, fra cui le leishmaniosi.