paragone
paragóne s. m. [der. di paragonare]. – 1. Antico nome di una varietà di diaspro nero (oggi detta più spesso pietra di p., e scientificamente lidite) adoperata per saggiare l’oro, per determinarne cioè il titolo: cavasi del medesimo Egitto, e di alcuni luoghi di Grecia ancora, certa sorte di pietra nera detta paragone; la quale ha questo nome, perché volendo saggiar l’oro, s’arruota su quella pietra, e si conosce il colore (Vasari). Per estens., la prova stessa, il saggio che dell’oro si fa sulla pietra. Di qui il prov. al p. si conosce l’oro (per lo più inteso in senso fig.) e il sign. più generico di prova, cimento in cui l’uomo deve mostrare quanto effettivamente vale, o di gara in cui si misurano due avversarî: Che farai, Pier da Morrone? Ei [= sei] venuto al paragone (Iacopone); molte volte i tempi sono paragone degli uomini, i quali non per virtù, ma per loro volgari sono grandi (Compagni), che non sono cioè grandi, stimati, per effettivi meriti ma per i discorsi che fanno; Più volte s’eran già non pur veduti, M’al paragon de l’arme conosciuti (Ariosto). 2. Nell’uso com.: a. L’atto di paragonare, di mettere cioè a confronto due persone o due cose per giudicare delle loro somiglianze o diversità o per riconoscere quale sia il valore dell’una rispetto all’altra (sinon. quindi, in genere, di confronto, comparazione): se fai un p. tra le due offerte, vedrai che la mia è più vantaggiosa; mettere a p. due poeti, due opere, due periodi storici; sono situazioni troppo diverse, fra le quali non si può fare un p.; non facciamo paragoni!; i p. sono sempre odiosi, frase proverbiale con cui si vuol significare che nessuno ha piacere di essere confrontato con altri soprattutto quando (come spesso accade) il paragone è a suo svantaggio, e perché, in ogni modo, è difficile che il confronto sia obiettivo; reggere al (o il) p., essere pari di pregi, qualità e sim., poter competere; non reggere al (o il) p., essere decisamente inferiore. Locuzioni: a paragone di, in paragone di (o a), in confronto a, rispetto a, istituendo un confronto con: noi abbiamo fatto ben poco a p. di ciò che hanno fatto gli altri; in p. di lui tutti sarebbero una nullità (s’intende: secondo il suo giudizio). Termini del p., le cose o persone che si paragonano l’una con l’altra; termine di p., elemento di confronto, misura di giudizio: avere, trovare un termine di p. (con sign. simile anche la locuz. fig. pietra di p.: prendere come pietra di paragone). Complemento di p., in grammatica, quello costituito dal secondo termine di paragone dopo un aggettivo o un avverbio di grado comparativo (per es.: «egli è più bravo di te»; «oggi sto meglio che ieri»). Piano di p., o pietra di p., nelle lavorazioni meccaniche, la piattaforma rettangolare di ghisa o di pietra dura (spec. granito nero) usata per controlli di planarità, per operazioni di tracciatura, ecc. b. Similitudine, esempio di cosa che si giudica simile o analoga a quella su cui verte il discorso: perché tu capisca meglio ti porterò un p.; è un p. giusto, indovinato, o un p. sbagliato, che non va, che non regge; se mi lascia passare il p., noi in questo momento stiamo combattendo come don Chisciotte contro i mulini a vento; iron., mi piace il p.!, quando uno fa similitudini strane, confronti bizzarri. c. In frasi negative, esprime spesso somiglianza, equivalenza, o piuttosto la possibilità di affermare un’equivalenza: non c’è p. tra come si mangia qui e come abbiamo mangiato nell’altro ristorante; assol., non c’è p., senza p. (o paragoni), per affermare che una cosa è indiscutibilmente superiore ad altra con cui si vorrebbe confrontarla, o per esprimere un giudizio superlativo: si sta meglio a casa nostra, non c’è p.; è di una bontà, di una bellezza senza paragone. Più concretam., non avere, non trovar p., non esserci chi possa uguagliare la persona o la cosa di cui si parla o competere con essa: Quel Brigliador sì bello e sì gagliardo Che non ha paragon, fuor che Baiardo (Ariosto); analogam., avere pochi p.: il signor conte ... ha pochi p. ne le lettere, ... e pochi ne la nobiltà e ne lo splendore de la vita (T. Tasso). 3. Per somiglianza di colore con la lidite, nome locale di un calcare, comunem. detto nero del Carso, di tinta nerastra tendente all’avana, usato come materiale decorativo.