parlare2
parlare2 v. intr. [lat. mediev. parabolare, *paraulare, der. di parabŏla (v. parola)] (aus. avere). – 1. a. Pronunciare suoni articolati, dire delle parole: il bambino comincia già a p., ha parlato presto, tardi; di solito, le bambine parlano prima dei maschietti; gli animali non parlano, non hanno la facoltà della parola, non sono in grado di emettere suoni articolati (solo alcuni uccelli, tra cui in partic. i pappagalli, hanno la capacità di ripetere alcune parole e frasi che si insegnano loro); nelle favole, si fanno spesso p. gli animali e le piante; non parla e non sente, perché è sordomuto dalla nascita; fu tale il suo stupore, che appena poteva p. (in senso generico, non poter p., per qualsiasi impedimento, anche momentaneo, per es. perché si è affannati, perché si ha la bocca piena, per grave turbamento, per la commozione, ecc.; con altro sign., non posso p., non posso dire nulla di ciò che so perché mi è stato vietato o per ragioni di natura morale, di opportunità e sim.); il ferito ha ripreso i sensi, ma non è ancora in grado di parlare. b. Con sign. vicino a quello del n. 2, ma mettendo in rilievo più il fatto dell’emissione della voce che non l’espressione del pensiero: se n’andò senza p.; p. all’orecchio; parlavano tutti insieme; non parli più?, a chi è improvvisamente ammutolito; il maestro l’ha rimproverato perché parlava durante la lezione; chi ha parlato alzi la mano; e chi parla?, modo di rispondere a chi ci impone silenzio; personaggi che non parlano, espressione con cui talora sono indicate le comparse in rappresentazioni teatrali. Con riferimento al modo con cui si manda fuori la voce, e alla pronuncia: p. a stento, a fatica; parli troppo veloce, non puoi p. più adagio?; p. scandendo le sillabe; p. a voce alta, a voce bassa, sottovoce, a mezza voce; p. piano, forte; p. a bocca chiusa, a fior di labbra, tra i denti; p. con voce gutturale o di gola; p. col naso o con voce nasale. 2. a. Esprimere, per mezzo del linguaggio articolato, pensieri e sentimenti: il bambino dice già qualche parola, ma ancora non parla, non ha ancora acquistato la facoltà di esprimersi compiutamente; cominciare a p., terminare di p.; mi rivolsi a colui che aveva parlato per primo; parla, ti ascolto, incoraggiando a dire; mi lasci p.!, a chi c’interrompe; e lascia che parli! (oppure: e lascialo p.!), anche nel sign. di non dare retta, non dare importanza a ciò che dice; non mi fate p.!, non mi obbligate a dire cose che preferisco tacere, che non posso dire o che, dette, sarebbero per voi spiacevoli; tu non devi p. quando non sei interrogato; come faccio a spiegarmi se parli sempre tu?; è forse proibito p.?, a chi ci invita al silenzio o ci raccomanda discrezione; se la prendi su questo tono, non parlo più; questo si chiama p.!, frase di entusiastica approvazione per la chiarezza, la forza, l’efficacia, il coraggio con cui qualcuno esprime la propria opinione o dibatte un problema (ma talora iron.); l’oracolo ha parlato, iron., di persona che parla, esprime sentenze o dà consigli con aria d’autorità e d’importanza. Nell’enunciare (o dopo aver riferito) le parole di altri: parlò loro dicendo ...; dopo aver così parlato, ...; Così parlò Zaratustra, titolo (ted. Also sprach Zarathustra) di un’opera (1883-85) di F. Nietzsche. Parlare da solo, ad alta voce e rivolgendosi a un immaginario interlocutore, spesso facendosi da sé domande e risposte (come avviene quando si è gravemente turbati o in stato di alterazione mentale per ubriachezza o per altro motivo); p. tra sé, dentro di sé, fra sé e sé, formulare silenziosamente il proprio pensiero, seguire un discorso interno. Anche, in varî contesti, con più specifico riferimento all’espressione verbale, in contrapp. diretta o indiretta all’effettivo contenuto delle parole: parla, parla, ma in sostanza non dice nulla; tu parli senza pensare, senza riflettere, senza sapere quello che dici (e con sign. affine, fam.: parli perché hai la lingua, perché hai la bocca, quando qualcuno dice cose irragionevoli, assurde, insensate); p. a vanvera, a caso; Dio, quanto parli!; tu parli troppo (anche a chi si lascia sfuggire cose che dovrebbe tacere); è un tipo che parla poco, che non parla molto, di poche parole, laconico; pensa molto, parla poco e scrivi meno (sentenza in forma prov.). b. In partic., riferire, palesare qualche cosa, rivelare un segreto: perché non hai parlato prima?; ho promesso, o mi è stato ordinato, di non p.; puoi dirmi tutto, sai bene che io non parlo; anche, fare la spia: qualcuno deve aver parlato. In altri casi, confessare: il colpevole si è deciso a p.; non parlò neanche sotto la tortura. c. In determinate frasi, manifestare un’opinione, fare una proposta, pronunciarsi in merito a qualche cosa: sei tu che devi p.; non sta a me p.; io ho fatto la mia offerta, ora parli lei; in alcuni giochi di carte, sta a te p., sei tu che devi pronunciarti sulle tue intenzioni riguardo alla prosecuzione del gioco, sulla posta da mettere, e sim. 3. Sempre in senso generico, ma con riferimento alla forma, ai modi del discorso e dell’espressione: come devo p. per farmi intendere da voi?; parlo sul serio! (a chi mostra di credere che si scherzi o si finga); generalmente parlando, tenendosi sulle generali senza scendere a casi particolari (ma è anche modo fam. equivalente a in generale, per lo più, di solito, e sim.); umanamente parlando, da un punto di vista umano; p. al plurale, usando il «noi» maiestatico, oppure facendo un caso generale invece di riferirsi alla persona determinata cui si allude. Con riferimento alla correttezza, alla proprietà e alle altre qualità del linguaggio (sinon. in questo caso di esprimersi): è un conferenziere che parla molto bene; come parli male!; non sa p.; quando imparerai a p.? (a chi si esprime male oppure usa espressioni non appropriate alla circostanza, all’ambiente e sim.); p. in modo corretto, scorretto; p. con garbo, con eleganza, in modo forbito; p. in punta di forchetta, con parole affettatamente scelte; p. in grammatica, pop., correttamente; parla come un libro stampato (v. libro, n. 1 c); p. alla buona; mi dovete scusare, ma io parlo come so; si dovrebbe scrivere come si parla, cioè con spontaneità e naturalezza. Con riguardo al tono delle parole: p. con calore, con forza, con entusiasmo; p. concitatamente; p. con arroganza; gli parlò con dolcezza, con molta semplicità; ti parlo da amico; io parlo come sento; p. col cuore in mano, a cuore aperto, col cuore sulle labbra, con parole sincere e dettate dall’affetto; ne parlava con aria di mistero; rispetto al tono e insieme al contenuto del discorso: p. con simpatia, con malanimo (di qualcuno); parlerò io per te o in tuo favore; p. contro qualcuno, manifestare verso di lui sentimenti ostili, assumere atteggiamento contrario, o in genere dirne male. Con riguardo alla convenienza del linguaggio, sia in sé stesso sia in rapporto alle persone a cui è rivolto: p. in modo volgare, triviale; l’ho sentito sempre p. in modo correttissimo; cerca di p. come si deve! (fam., parla come Dio comanda!); è così che parli a tuo padre?; badi come parla!, misuri bene i termini; con rispetto parlando, inciso che si usa inserire nel discorso (oggi per lo più in tono scherz.), quasi a chiedere scusa, quando si sta per dire una parola o nominare una cosa che possa apparire sconveniente. S’incontra spesso, in alcuni di questi sign., l’aggettivo in funzione avverbiale: o Tosco che per la città del foco vivo ten vai così parlando onesto (Dante); p. franco, schietto; parliamoci chiaro!, senza ambiguità o reticenze, dicendo le cose come stanno; p. difficile (talvolta in difficile, per difficile), locuz. fam. in qualche uso region., parlare con parole scelte o troppo tecniche; p. grasso (o di grasso), non com., di argomenti erotici e con frasi sboccate. 4. Con accezioni più determinate: a. Discorrere, conversare: rimasero a p. per più di un’ora; parlavano sottovoce fra loro; le due ragazze si parlavano dai balconi. Frequente in questo senso con la prep. con: ero di là che parlavo con un collega; non parlo con chi non conosco; con chi credi (o crede) di p.?, quando qualcuno ci si rivolge in tono o con termini che riteniamo irrispettosi; non parlavo con te (o con lei), quando qualcuno ci risponde o reagisce alle nostre parole senza che queste fossero dirette a lui; ho parlato poco fa con lui per telefono; chi parla?, con chi parlo?, nelle conversazioni telefoniche; con chi ho il piacere di p.?, modo cortese di chiedere il nome a persona che non si è ancora presentata. In qualche caso, conferire, avere un colloquio: vorrei p. col direttore. Per estens. (sempre con la prep. con): p. con gli spiriti, con i morti, e sim., essere con loro in comunicazione, per virtù medianiche, ecc. b. Con la prep. a, rivolgere la parola o il discorso a qualcuno: parlavi a me?; ehi, parlo a voi!; san Francesco parlava agli uccelli e alle fiere; io parlo a chi m’intende; è come p. al vento, al muro, al deserto, inutilmente, senza essere ascoltato o senza ottenere l’effetto voluto; nell’ambito scolastico, con riferimento agli insegnanti, p. ai banchi, quando i ragazzi sono disattenti o non traggono profitto dalle lezioni. Anche, tenere un discorso a qualcuno, trattenersi con lui a colloquio per fargli qualche comunicazione o per discutere qualche argomento: mi fece cenno di volermi parlare segretamente; ho da parlarti, quando ci possiamo vedere?; ti vorrei p. a quattr’occhi; se lasci fare a me, ne parlerò io all’avvocato. c. Sempre con la prep. a, o col si reciproco, assume sign. più particolari. In frasi negative, troncare i buoni rapporti di amicizia, essere in collera, tenersi il broncio: è da più di un mese che non gli parlo; hanno litigato e non si parlano più. In usi fam. e region., p. a qualcuno o a qualcuna e nel rifl. recipr. parlarsi, amoreggiare : parlavo a una ragazza del mio paese, ma poi ci siamo lasciati; si parlavano già da parecchi mesi quando si sono fidanzati. 5. Con la prep. di (che introduce l’argomento del discorso o della conversazione), trattare, discutere, oppure esporre, narrare, raccontare, rievocare e sim.: p. di letteratura, d’arte, di filosofia, di meccanica, di sport, di cinema; p. d’affari, di politica; di questo avvenimento vi parlerò la prossima volta; non parliamo del passato, parliamo dell’avvenire; mi parlò a lungo dei suoi progetti; non la finiva più di parlarmi dei suoi guai; parliamo d’altro, cambiamo argomento di discorso. Analogam., con la particella ne: non so se te ne ho già parlato; non vale la pena di parlarne; non ne parliamo!, quando qualcuno ci ricorda cose che ridestano in noi sentimenti e ricordi spiacevoli, o anche fatti curiosi, situazioni comiche. P. del più e del meno, conversare senza impegno di cose varie e poco importanti, soprattutto col fine di passare il tempo (con sign. affine, p. del vento e della pioggia, di argomenti esteriori e insignificanti). Altro è parlar di morte, altro è morire, modo prov. (anche in altre forme simili a questa). Con valore e tono partic.: proprio lui si mette a p. d’arte (volendo dire che non se ne intende); non venirmi a p. di educazione tu (a persona che ha dato prove di maleducazione); proprio voi venite a parlarmi di giustizia (a persone che troppo spesso l’hanno tradita); ma che mi vieni a p. di diritti e di doveri! (tagliando corto a un discorso che si ritiene fuori luogo o che comunque non si vuole ascoltare). Anche con uso assol., ma sempre con allusione a un determinato argomento: tu parli a sproposito; io parlo per pratica, per esperienza. Con compl. di persona: mi parla sempre dei suoi zii d’America; il preside mi ha chiamato per parlarmi di mio figlio (per riferirmi cioè sul suo contegno e profitto scolastico); non voglio più sentirne p. (di persona che ci ha delusi, che ci ha fatto del male, verso cui abbiamo qualche motivo di risentimento, ecc.; anche riferito a cosa, e con sign. più generico). Parlare bene o male di qualcuno, rilevarne i pregi, farne le lodi, oppure biasimarlo, criticarlo, fare della maldicenza sul suo conto; analogam., p. bene di una cosa, formulare su essa giudizî positivi, favorevoli: è un libro, un film, una commedia, un prodotto di cui ho sentito parlar bene. Con sign. più determinati: a. In frasi negative e per lo più di tono enfatico, per indicare argomenti che non si vogliono trattare in quanto spiacevoli o che costituiscono (o possono costituire) oggetto di discussioni incresciose, di contrasti e sim.: non voglio più p. del passato; di un aumento di stipendio non se ne parla neppure; per ora di questo non se ne parla, non se ne fa nulla, è prematuro discuterne; non parliamone più; facciamo la pace e non se ne parli più, e dimentichiamo ciò che è avvenuto. b. Esprimere giudizî, per lo più negativi, fare commenti, chiacchiere e sim.: tutti parlano della sua improvvisa fortuna; ne ho già sentito p.; in giro se ne parla apertamente; si comincia a p. un po’ troppo di questa loro assiduità; anche assol., la gente parla, mormora, fa pettegolezzi. Far p. di sé, suscitare l’interesse e i discorsi della gente, sia in bene sia in male: un uomo, un fatto, uno scandalo, un libro che a suo tempo fece molto p. di sé; è una donna che fa p. di sé (per lo più in senso negativo, che suscita pettegolezzi, che dà motivo di biasimo). In alcuni contesti, nella forma impers., corre voce, si fa l’ipotesi, si dà come probabile e sim.: si parla di gravi irregolarità nell’amministrazione dell’azienda; da qualche tempo si parla della chiusura della fabbrica; si comincia a p. con una certa insistenza di crisi economica, di precariato, ecc., non solo da parte del pubblico ma anche di giornali e organi ufficiosi, sicché il fatto appare prossimo; si parla di lui come il più probabile successore alla carica, si fa il suo nome; in quel tempo si parlò di un miracolo, il fatto (o altro) fu considerato un miracolo, parve ai più un avvenimento straordinario. c. Manifestare un’intenzione, ventilare una decisione: è da tanto che parlava di volersi dimettere; chi parla di andarci personalmente?; parla spesso di volersi ritirare in campagna; si parlava di arrendersi, di chiedere un armistizio. d. Alludere, riferirsi a qualcuno o a qualche cosa: di chi, di che stai parlando?; di quale giorno volete p.?; ma io parlavo di tutt’altro. 6. Tenere un discorso pubblico o solenne, una lezione, una conferenza, un’allocuzione, un’arringa e sim.: p. al popolo; p. in un comizio, in un’assemblea; il presidente del Consiglio parlerà domani alle Camere riunite; p. alla radio, alla televisione; p. della riforma fiscale, p. dei problemi della disoccupazione, ecc.; oggi vi parlerò della prima guerra mondiale; l’avvocato ha cominciato a p. in difesa dell’imputato; salì sul palco per p. alla folla; tutti stavano a sentirlo p.; ha parlato per oltre un’ora davanti a un uditorio stanco; p. brevemente, a lungo; p. a braccio, senza preparazione, improvvisando (v. braccio, n. 2 b). 7. Per estens., comunicare i pensieri, o discorrere, ragionare, disputare, trattare per iscritto (sia nella comune corrispondenza sia in quotidiani, in libri, in opere di letteratura o di poesia): scusa se te ne parlo per lettera; ti scrivo per parlarti di una questione che mi sta molto a cuore; i giornali ne hanno già parlato; si parla anche di te nell’articolo; nel «Fedone», Platone parla dell’immortalità dell’anima; il Machiavelli ne parla più volte nei «Discorsi»; il problema di cui s’è parlato nel capitolo precedente; che io sappia, il codice non ne parla; la legge, il regolamento, il contratto parla chiaro, non lascia dubbî sull’interpretazione di determinate frasi oppure fa espressa menzione di un fatto e sim.; I0 parlo per ver dire, Non per odio d’altrui né per disprezzo (Petrarca); O mio tenero verso, Di chi parlando vai ...? (Parini). 8. Usi fig.: a. Esprimere pensieri o affetti con mezzi diversi dal linguaggio verbale: i muti parlano a segni; p. con le mani, con i gesti, anche di chi accompagna le parole con vivace gesticolazione; p. con lo sguardo, con gli occhi (e analogam., ha degli occhi che parlano, assai espressivi); che, parli con i piedi tu?, a chi ha l’abitudine di tirar calci; con altro sign., p. con i piedi, parlare male oppure spropositando. b. Suggerire, ispirare sentimenti, sia con parole sia con altro mezzo: p. al cuore, all’animo di qualcuno, cercare di commuoverlo. Anche con soggetto di cosa: musica che parla al cuore; un libro che parla alla fantasia; Né più nel cor mi parlerà lo spirto Delle vergini Muse e dell’amore (Foscolo). Con riferimento alla divinità, ispirare, comunicare per qualche via la propria volontà: da quella Religïosa pace un Nume parla (Foscolo); Dio parla per bocca dei suoi ministri; Dio gli ha parlato e gli ha toccato il cuore. c. Riferito a cose (astratte o concrete) personificate, con sign. più generico: i fatti parlano chiaro, parlano da sé, sono eloquenti prove di qualche cosa; tutto parla contro di me, costituisce indizî a mio carico; tutta la natura parla di Dio e della sua grandezza. Di cose che serbano e suscitano ricordi: luoghi a me cari che mi parlano della mia giovinezza; in questa casa, tutto mi parla della mia povera mamma. Con sign. proprio, invece, nella frase com.: se le pietre (o i muri) potessero parlare! ..., alludendo a fatti disonesti o comunque giudicati riprovevoli, rimasti più o meno segreti. Di strumenti musicali: far p. il violino, o sim., suonarlo con molta espressione e sentimento. d. Con riferimento a facoltà intellettuali o spirituali: fare o lasciar p. la ragione, la coscienza, il buon senso, ascoltarne la voce, i suggerimenti; in lui è il cuore, l’affetto, l’invidia che parla, che muove i suoi sentimenti e lo spinge a parlare (o anche a operare) in un determinato modo. 9. Con uso trans.: a. Seguito da un compl. dell’oggetto interno, esprimersi in un determinato modo: p. un linguaggio franco, schietto, chiaro, oscuro; parla un linguaggio tutto suo, un linguaggio speciale; p. il linguaggio della verità. Indicando l’argomento del discorso (equivale in questo caso a p. di qualche cosa): Parlando cose che ’l tacere è bello, Sì com’era ’l parlar colà dov’era (Dante); E parlo cose manifeste e conte (Petrarca); in questo sign., è solo dell’uso antico. Ant. o poet. come sinon. di dire: El si fuggì che non parlò più verbo (Dante); eleggendo nel suo stato uomini savi, e solo a quelli debbe dare libero arbitrio a parlarli la verità (Machiavelli); in mezzo Pien di senno parlò queste parole (V. Monti); allor che il Nume in petto Le fea parlar di Troia il dì mortale (Foscolo), in questo caso col sign. più partic. di predire. b. Usare, nell’esprimersi, una determinata lingua: al congresso parlavamo tutti l’inglese (o anche inglese, in inglese; e sempre con prep. p. in lingua, in dialetto); non parliamo la stessa lingua o parliamo due lingue diverse (v. lingua, n. 4 b); con aggettivi usati avverbialmente: sentii che parlava straniero, forestiero; fam., parlo turco, arabo, cinese, ostrogoto? e sim. (oppure che lingua parlo?; non parlo italiano?), quando qualcuno non capisce o finge di non capire ciò che diciamo, o non obbedisce a un nostro ordine; ho parlato italiano?, mi sono espresso chiaramente, ci siamo intesi?; alludendo a collettività e all’uso più o meno costante (sia o no unico) di una lingua, di un dialetto: fino al termine della seconda guerra mondiale, a Zara si è sempre parlato l’italiano; che dialetto si parla a Piacenza?; anche al passivo: l’inglese è una delle lingue più parlate nel mondo; lingua parlata da milioni d’individui. Con altro sign., p. una lingua, conoscerla e sapersi esprimere in quella: parla correntemente quattro lingue; determinando la lingua, vuole per lo più l’articolo: parla bene il tedesco; parla l’inglese con disinvoltura; parli speditamente il russo? (ma anche senza art.: parli spagnolo?; non parlo inglese, non lo conosco). Frase prov.: parlar francese come una vacca spagnola, parlarlo male; è traduz. del fr. parler français comme une vache espagnole, che sembra essere un’alterazione della frase originaria parler français comme un Basque espagnol «come un Basco spagnolo» (o «come un Basco la lingua spagnola»). ◆ Part. pres. parlante, usato quasi esclusivam. come agg. e sost. (v. la voce). ◆ Part. pass. parlato, anche come agg. e s. m. (v. parlato1).