parterre
‹partèer› s. m., fr. [comp. di par e terre, propr. «per terra»]. – Voce in uso anche in Italia (dove si pronuncia talvolta all’italiana, partèrre) con varî sign.: 1. Il complesso delle aiuole, a disegni geometrici e ornamentali di fiori bassi e policromi, dei giardini del tipo detto «alla francese»: il giardino, che resta dalla parte opposta al viale, è tutto sul gusto francese a parterre (P. Verri); anche, singola aiuola: un p. di tulipani, di violette. 2. a. Nei teatri e in altre sale di spettacolo, settore della platea tra l’orchestra e il primo piano di palchi, con posti in piedi per gli spettatori che non avessero trovato posti a sedere negli spettacoli troppo affollati; per estens., la platea stessa, e in senso collettivo gli spettatori della platea o, più propriam., dei posti in piedi. Parterre de rois («platea di re»), espressione enfatica usata talvolta in senso estens., nel linguaggio giornalistico, per indicare la presenza, a uno spettacolo, di un pubblico di eccezione: ieri sera all’Opera c’era un p. de rois. b. La parte più bassa delle gradinate di uno stadio sotto le tribune, a ridosso del campo di calcio e della pista di atletica, dove gli spettatori stanno in piedi. c. Il settore del velodromo occupato dai corridori prima di scendere in pista, dai meccanici, dagli allenatori e dai tecnici; anche, il prato di un ippodromo, l’arena di un circo, e sim. d. Il complesso dei posti a sedere che si trovano attorno al ring, cioè al palco su cui si svolgono incontri di lotta o di pugilato, immediatamente sotto di esso. ◆ La parola fu adattata, nei sec. 17°-18°, anche nelle forme partèr, partèrra, partèrro, e pertèrra (v.).