partito2
partito2 s. m. [der. di partire «dividere»; propr. «ciò che è diviso, parte»]. – 1. a. Ciascuna delle soluzioni che si possono adottare nel caso di una scelta, o ciascuno dei mezzi di cui ci si può servire per raggiungere uno scopo, per superare una difficoltà, per abbattere un ostacolo: esaminare, vagliare, valutare attentamente i varî p.; scegliere il p. migliore; è l’unico p. ragionevole che ci rimane; non c’è per ora altro p. possibile; abbracciare un p., adottare una soluzione; ridursi all’estremo p., buttarsi al p. estremo, alla soluzione più disperata, all’unica che ancora rimane. Con accezione più partic., trarre partito da qualche cosa (per es., dalle circostanze, dall’altrui debolezza, ecc.), trarne vantaggio per sé; ant., avere buon p., cattivo p., essere in una situazione vantaggiosa o svantaggiosa. La soluzione stessa che si adotta, spec. in locuzioni con il verbo prendere (ormai poco com. pigliare): prendere partito o prendere un p., deliberare, risolversi: l’ufiziale che li comandava, non sapeva che p. prendere (Manzoni); prendere il p. di fare una cosa (ant., con lo stesso senso, prendere per p. di fare una cosa); con accezioni proprie: prendere p. per qualcuno, per qualche cosa, determinarsi in suo favore (all’opposto, prendere p. contro qualcuno o qualche cosa); agire, fare qualcosa per p. preso, in base a decisioni predeterminate, indipendentemente da considerazioni obiettive (analogam., il tuo è un p. preso, un’opinione preconcetta, un comportamento preventivamente assunto e sim.); non com., ingannarsi a partito, del tutto, interamente (cioè, quasi deliberatamente). b. ant. Deliberazione di un organo collegiale: il libro dei p., quello su cui venivano registrate le deliberazioni nei Consigli, Comuni, ecc. In partic., deliberazione di un’assemblea votante, e quindi anche votazione, scrutinio: mettere, essere messo, andare, mandare a p., ai voti; eleggere per p., mediante votazione; p. segreto, palese, p. a voce (corrispondente all’odierna votazione per appello nominale), p. a bossoli, a palle, p. a sedere e levare, p. per discessione; assemblea a p. (cioè a suffragio) universale; vincere, ottenere, o, al contr., perdere il p., ottenere la maggioranza o la minoranza dei voti; p. intero, p. secco, consenso elettorale ottenuto rispettivam. a pieni voti o con la metà dei voti più uno. Per estens., mettere a p., mettere in discussione, proporre alla scelta, oppure deliberare in genere: messero a partito Di dare a quelli duo iusto martoro (Ariosto). 2. Persona da sposare, considerata in rapporto ai vantaggi della sua situazione economica e sociale: quel giovane è un buon p., un ottimo p.; non è molto bella ma è il miglior p. della città. 3. Stato, condizione: riguardando a che p. tu ponesti l’anima mia (Boccaccio); oggi solo nelle locuz. ridurre, ridursi, trovarsi a mal p., in pessimo p., e sim., in cattive condizioni (fisiche, economiche, ecc.). Ant., a ogni p., a qualsiasi p., in tutti i modi, a ogni costo; a nessun p., per niun p., in nessun modo, a nessun patto. 4. a. Nel linguaggio polit., associazione volontaria di un numero più o meno grande di cittadini, con una propria struttura organizzativa, costituita sulla base di una comune ideologia politico-sociale, e avente come obiettivo la realizzazione di un determinato programma, attraverso la partecipazione alla direzione del potere o attraverso la pressione e l’influenza nel governo e nello stato: p. democratico, moderato, conservatore, radicale, p. monarchico, repubblicano, denominazioni che possono costituire una connotazione generica, oppure indicare precisi gruppi politici in singoli Paesi, così come p. comunista, democristiano, socialista, ecc. (per p. d’azione, v. azione1, n. 1 a); p. totalitario; p. unico, quello che, dopo aver sopraffatto gli altri, instaura una dittatura o anche, nel linguaggio politico e giornalistico più recente, il partito in grado di convogliare le diverse componenti delle due coalizioni di centrodestra e di centrosinistra in altrettante formazioni che le rappresentino unitariamente; p. di maggioranza, di minoranza; p. di governo, di opposizione; partiti di massa, quelli con ampio numero d’iscritti (a cui talora si contrappongono i p. di quadri, largamente selezionati, e i p. di opinione, che, con ristretto seguito di iscritti, si propongono soprattutto di orientare, con iniziative varie, la pubblica opinione); i p. di centro, di destra (e di estrema destra), di sinistra (e di estrema sinistra); p. di avanguardia, caratterizzato da programmi e battaglie di rinnovamento (politico, sociale, economico, ecc.); p. laici (v. laico, n. 3 b); i p. dell’arco costituzionale (v. arco, n. 7 b); appartenere, essere iscritto a un p.; militare in un p.; il segretario politico, il leader di un p.; il giornale di un p.; il programma, la linea politica di un p.; vittoria, sconfitta di un p. alle elezioni; lotte, contrasti, interessi di partito (per lo più con sign. limitativo, o con quello, polemico, di partigiano, settario, fazioso); trarre, tirare qualcuno al proprio p., anche fig., attirarlo dalla propria parte, acquisirlo alla propria causa. Nel linguaggio giornalistico, p. armato, movimento o gruppo terroristico che sostiene la necessità della lotta armata contro lo Stato. b. Con sign. più generico, gruppo, schieramento, anche privo di una struttura organizzata, che ha un determinato orientamento nei riguardi di specifici problemi: il p. della guerra, il p. della pace; il p. della scheda bianca (in consultazioni elettorali); scherz., il p. della bistecca, a cui aderiscono quanti aspirano soprattutto a procurarsi un egoistico stato di benessere materiale (occasionalmente costituitosi anche in partitino politico presentatosi alle elezioni del giugno 1953). Con riferimento al passato, setta, fazione e sim.: il p. di Mario, di Silla, nell’antica Roma; il p. dei guelfi, dei ghibellini; il p. orleanista, in Francia. c. estens. Nome di ciascuno dei due gruppi (comunem. p. azzurro e p. rosso) che nelle grandi manovre militari e nelle esercitazioni navali rappresentano rispettivam. le forze nazionali e quelle nemiche. 5. Anticam., prestito concesso volontariamente dai banchieri allo stato, e anche, in Venezia, appalto di entrate pubbliche. 6. In architettura e nelle arti figurative: p. architettonici, i membri da cui è diviso in superficie un edificio (per es., nelle sue facciate); p. delle pieghe, il modo in cui il drappeggio di una figura si suddivide e si dispone. 7. Con altri sign., non chiaramente connessi con quelli fondamentali: a. Mettere il cervello (o il capo, la testa) a partito, mettere giudizio. b. ant. Donna di partito, donna di facili costumi, prostituta. ◆ Dim. partitino; spreg. partitùccio; accr. partitóne; pegg. partitàccio: tutti per lo più con il sign. 2 o con il sign. 4.