pensare
v. tr. e intr. [dal lat. pensare, intens. di pendĕre «pensare»; cfr. pesare] (io pènso, ecc.; come intr., aus. avere). – 1. Con uso assol., e sign. generico, esercitare l’attività del pensiero, cioè l’attività psichica per cui l’uomo acquista coscienza di sé e del mondo in cui vive: penso, dunque sono, traduz. dell’espressione lat. cogito, ergo sum (v.), principio fondamentale della filosofia di Cartesio; nel linguaggio filos., è frequente l’uso sostantivato dell’infinito: nell’atto stesso del p.; la relazione fra l’essere e il pensare. Fuori del linguaggio filos., sempre con uso assol., meditare, riflettere, quando non sia precisato l’oggetto di tale meditazione o riflessione: un libro, un discorso, un film che fa p.; è un uomo che pensa, che sa p., portato alla riflessione; pensa e ripensa, gli venne in mente come fare; lasciami p. fino a domani, lasciami riflettere; meglio pensarci due volte, meglio riflettere bene prima di prendere una decisione importante; senza pensarci due volte, agire d’istinto, con immediata convinzione; e così, ci voglio p., devo ancora pensarci, e sim. Nell’uso com., far p., dare da p., preoccupare, destare preoccupazione: è un caso nuovo, è una situazione che fa p., che dà (poco, parecchio, ecc.) da pensare. Come inciso, l’imperativo pensa, pensate, per richiamare l’attenzione degli ascoltatori su quello che si sta dicendo e che deve destare meraviglia: e io, pensa!, ero convinto del contrario. 2. intr. a. Seguito da un compl. introdotto dalla preposizione a, dirigere l’attività del pensiero: p. a qualcuno, a qualcosa; con diverse sfumature affettive che possono essere determinate da avverbî, da complementi, o che sono implicite nel contesto: p. a una persona con affetto, desiderio, rimpianto; p. a una cosa con timore, con orrore, con raccapriccio, con rammarico; ogni volta che ci penso, mi sento gelare il sangue; più ci penso e più sono contento della decisione presa. b. Con riferimento a cosa lontana nel passato, ricordare, rievocare nella propria mente: penso sempre alle ore liete trascorse insieme; penso sempre agli anni della mia giovinezza; non pensiamoci più, con tono di rassegnazione, accettando un fatto avvenuto diversamente da come si sperava. c. Rappresentarsi mentalmente, immaginarsi fatti futuri, sia piacevoli sia preoccupanti: quando sei di cattivo umore pensa alle vacanze che si avvicinano; pensiamo alle difficoltà a cui si va incontro. Anche, prevedere, soprattutto le possibili conseguenze di un’azione che si è intrapresa: dobbiamo pensarci in tempo, o finché c’è tempo; bisogna pensarci prima per non pentirsi poi (frase prov.); o fare progetti, ideare piani concreti: sta pensando a dar vita a nuove imprese; stavo pensando a lui come possibile socio. d. Provvedere, spec. in frasi del linguaggio colloquiale: è lui che pensa alla famiglia; ci pensi tu alla spesa?; non ti preoccupare, penserò io a tutto; anche con la prep. per, indicando la persona per la quale si provvede: è lui che di solito pensa per tutti; ognuno pensi per sé. Con il sign. più generico di occuparsi, preoccuparsi: la gente aveva ben altro a cui p., in quell’ultimo scorcio di Evo antico, che non la poesia! (Sebastiano Vassalli); pensa ai fatti tuoi, frase con cui si invita qualcuno a non occuparsi di cose che non lo riguardano; pensa alla salute!, invito a non preoccuparsi troppo o inopportunamente dei piccoli problemi della vita quotidiana. 3. Nella lingua ant., era frequente l’uso con la prep. di, per indicare un particolare interesse affettivo: convensi Che ... A me ritorni e di me stesso pensi (Petrarca); non sento mai bene se non tanto quanto io il veggio o di lui penso (Boccaccio). Nella lingua di oggi, pensare di è com. soltanto nel sign. di giudicare, con uso oscillante fra l’intr. e il trans.: p. bene, male di una persona, dove bene e male hanno funzione avverbiale; ma: penso di te ogni bene possibile, dove bene funge da compl. oggetto; e così: gli dissi tutto il male (o tutto il bene) che pensavo di lui; con un oggetto neutro: tu che ne pensi?, qual è il tuo parere su questa questione? 4. trans. a. Raffigurare nella mente, suscitare in essa l’immagine di qualche cosa; con compl. oggetto di persona ha sempre forte valore affettivo: ti penso, suscito nella mia mente un’immagine viva, quasi presente, di te (penso a te è invece frase generica che può assumere vario contenuto affettivo); e determinando il luogo, il modo, il tempo: ti penso sempre qui con me; lo penso ancora ragazzo; vi penso con grande simpatia. Talora, spec. in usi letter., raffigurare con immagini che sono proprie del ricordo: Pensa il dì che a Tulna ei venne Di Crimilde nel conspetto (Carducci). In altri casi, ha sign. e usi più prossimi a immaginare, sia nel linguaggio scient.: possiamo p. il cerchio come un poligono con numero infinito di piccoli lati; sia nel linguaggio com.: ti lascio p. la mia gioia, il mio dispiacere, la mia sorpresa; pensa se non ci sarà già andato lui!; con sign. proprio, pensa un numero, sceglilo e fissalo nella mente, senza dire quale sia. b. Più com. l’uso trans. con un sost. o pron. neutro: ho pensato una cosa importante; che pensi?; pensa il male che hai fatto; vorrei sapere come la pensa; o con il sign. di ritenere, supporre, credere possibile: non è affatto vero ciò che pensi; non l’avrei mai pensato; chi l’avrebbe pensato?; ero lontano dal p. una cosa simile; o con quello di progettare, architettare, macchinare, per lo più in senso scherz.: una ne fa e cento ne pensa; a me non è dato preannunciare quello che gli uomini siano per fare e pensare verso di te ... (Leopardi). 5. Con reggenza verbale: a. Con l’infinito preceduto dalla prep. di, progettare, prendere in considerazione l’opportunità di fare qualcosa: pensava di vendere la casa e trasferirsi altrove; o avere l’intenzione: non pensavo di farti dispiacere. b. Con l’infinito preceduto dalla prep. a, provvedere: penso io ad avvertire gli amici. c. Con prop. oggettive, interrogative indirette, dubitative, in tutti i sign. illustrati fin qui; in partic., credere, supporre, essere del parere: penso che sia meglio così; penso che abbia agito con la migliore intenzione; Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno Che tu mi segui (Dante); ricordare, tener presente: pensa quanti sacrifici i tuoi genitori hanno fatto per te; prevedere: penso che sarà uno spettacolo divertentissimo; figurarsi: pensa quale sia stata la nostra gioia! (anche con ellissi del verbo nella prop. dipendente: pensa che soddisfazione per me!); immaginare: I0 penso talvolta che vita, che vita sarebbe la mia, Se già la Signora vestita di nulla non fosse per via (Gozzano); riflettere: bisognava p. prima se fosse o no conveniente. 6. Nel linguaggio fam., con la particella pron., immaginarsi, credere: chi ti pensi di essere?; non mi pensavo mai di riuscire così facilmente; si pensa furbo; i troveranno a mal partito quando meno se lo pensano. ◆ Part. pres. pensante, anche come agg. e, nel linguaggio filos., come sost. (v. la voce). ◆ Part. pass. pensato, anche come agg., meditato, ponderato: uno scritto, un libro pensato; ant., a caso pensato, di proposito, a ragion veduta. Nel linguaggio filos., come sost., l’oggetto del pensiero, ciò che è stato pensato: il pensante e il pensato.