percezione
percezióne s. f. [dal lat. perceptio -onis, der. di percipĕre «percepire», part. pass. perceptus]. – 1. a. L’atto del percepire, cioè del prendere coscienza di una realtà che si considera esterna, attraverso stimoli sensoriali, analizzati e interpretati mediante processi intuitivi, psichici, intellettivi: la p. dei colori, degli odori, dei suoni; la p. di un movimento; non aveva la p. esatta del pericolo che correva; ebbe la p. immediata che la situazione stava precipitando; anche, la facoltà di percepire: velocità di p., la prontezza con la quale l’apparato sensoriale-intellettivo percepisce la realtà esterna (in partic., velocità di p. auditiva, visiva, ecc., dipendenti in maniera complessa dall’intensità degli stimoli sonori, luminosi, ecc., in rapporto con la variabile risposta individuale); disturbi della p., anomalie delle p., dissociazione delle p., in patologia e psicologia. In oculistica, velocità di p., la prontezza con la quale l’occhio percepisce la presenza degli oggetti (è in rapporto con l’illuminazione). Talvolta con sign. non diverso da sensazione, come acquisizione sensibile di fenomeni esterni: la p. del caldo, del freddo; l’alta camera [il cervello] ne la quale tutti li spiriti sensitivi portano le loro p. (Dante). b. In psicologia, in senso stretto, sensazione accompagnata da forme variamente avvertite di coscienza; più in generale, tutta la sequenza di eventi che va dal presentarsi di uno stimolo, attraverso il realizzarsi e l’oggettivarsi della sensazione, fino al suo essere avvertita, base quindi della conoscenza e dell’interazione con la realtà interna ed esterna all’organismo. L’insieme dei processi organici e mentali che compongono tale sequenza può essere specificamente analizzato e studiato a seconda che si considerino le componenti fisiche, fisiologiche, cognitive e affettive. c. Nel linguaggio filos., il termine può designare sia ogni esperienza conoscitiva, ogni attività intellettuale, in antitesi alle operazioni della volontà (tale è, per es., il sign. che ha perceptio nella terminologia di Cartesio), sia l’atto cognitivo con cui si avverte la realtà di un determinato oggetto, e che è distinto, secondo alcuni, dalla semplice sensazione, in quanto implica, pur nella sua rapidità, un processo di organizzazione e interpretazione (anche alla luce di ricordi e passate esperienze) di sensazioni diverse: p. interna, relativa ai proprî atti o stati di coscienza; p. esterna, relativa al mondo esteriore; piccole p. (o p. insensibili), nella filosofia di Leibniz, quelle di cui il soggetto non ha consapevolezza. 2. Nel linguaggio amministr. (secondo il sign. 2 di percepire), l’atto con cui si viene regolarmente in possesso di una somma, riscossione, esazione: p. dei tributi, di un’imposta; p. del reddito; p. degli interessi, dei frutti di un capitale.