periferia
periferìa s. f. [dal lat. tardo peripherīa «circonferenza», gr. περιϕέρεια, der. di περιϕέρω «portare intorno, girare»]. – 1. non com. Contorno, bordo, orlo circolare: i raggi dai vari punti della p. di una ruota vanno tutti a riunirsi nel di lei centro (Leopardi). 2. estens. a. La parte estrema e più marginale, contrapposta al centro, di uno spazio fisico o di un territorio più o meno ampio: la p. di un continente, di una regione, di un’isola, di una catena montuosa; disporre i tavoli, le sedie, alla p. del salone; la p. del circo, di un’arena, di un anfiteatro. b. In partic., e di uso più com., l’insieme dei quartieri di una città più lontani dal centro: il progressivo ampliamento dell’area urbana verso la p.; una zona di p.; le case, le strade, i negozî della p.; la p. di Milano, di Vienna, di New York; abitare in p.; recarsi in p.; trasferirsi in p.; con sign. più ristretto, un quartiere periferico: la p. operaia; la p. residenziale; è una p. mal collegata con il centro. Frequente la locuz. agg. di periferia, che oltre a indicare la collocazione nel tessuto urbano, aggiunge spesso una connotazione riduttiva, di squallore e desolazione: una stazioncina di p.; le solite case di p.; un cinema di periferia. c. Con riferimento al corpo umano, o a un organismo vivente in genere, anche vegetale, la parte superficiale, più vicina all’esterno: il sangue affluisce dal cuore alla p. del corpo; stimoli che dalla p. convergono ai centri nervosi (accezioni e usi più precisi ha l’agg. periferico). d. Per metonimia, spec. nel linguaggio sociale, politico, sindacale, il complesso degli abitanti che vivono in zone periferiche, soprattutto in quanto iscritti a un partito, a una corrente: i voti, gli umori della p.; o anche, in usi fig., l’insieme delle strutture e delle istituzioni locali nella compagine di uno stato, oppure degli organi provinciali, in contrapp. al vertice, di un partito, di un sindacato.