piede
piède s. m. [lat. pes pĕdis, voce di origine indoeuropea]. – 1. a. Nell’anatomia dei vertebrati, l’ultimo segmento dell’arto posteriore dei tetrapodi (detto più propriam., in anatomia comparata, autopodio); comprende tre gruppi di ossa, il tarso (cui corrisponde la regione detta basipodio), il metatarso (metapodio), e le dita (acropodio). Nell’uomo è tipicamente plantigrado, in seguito alle trasformazioni per la locomozione eretta: la linea di gravità deve cadere, in condizioni statiche, all’interno del poligono di appoggio formato dai soli piedi, mentre, in condizioni dinamiche, deve assorbire le sollecitazioni inerziali agenti sulla massa del corpo; la sua struttura è quindi compatta, l’alluce (contrariamente alla maggioranza dei primati) non è opponibile, la motilità delle dita è scarsa, e la pianta è arcuata per scaricare con più efficienza sul terreno le sollecitazioni trasmesse dalla tibia ad ogni passo: il p. destro, il p. sinistro; p. piccoli, sottili, grossi; le dita del p.; p. nudi, scalzi; il collo del p., la parte con cui si unisce alla caviglia. Lavanda dei p., rito liturgico (v. lavanda1); bacio del p., atto di venerazione che si rende al Sommo Pontefice (usato già, per influssi orientali, nella corte del tardo Impero romano). Con partic. specificazioni, indica, nel linguaggio medico, deformazioni tipiche: piede d’atleta, micosi cutanea, di solito localizzata negli spazî interdigitali e nelle pieghe di flessione delle dita, talvolta ai margini della zona plantare o all’arco del piede o sotto il malleolo, caratterizzata da lesioni di vario aspetto, che colpisce particolarmente i frequentatori di piscine, palestre, ecc., in cui il contagio avviene per contatto diretto dei piedi nudi con stuoie o pavimenti bagnati; p. cavo, accentuazione dell’arco plantare, per cui il piede poggia al suolo esclusivamente con il calcagno e l’avanpiede; p. ciondolante, quello che, per paralisi dei suoi muscoli intrinseci e di quelli della gamba, pende inerte seguendo passivamente i movimenti della gamba; p. equino o di cavallo (v. equino e equinismo); p. del Madagascar, o p. di Shanghai o di Singapore, lo stesso che p. d’atleta; p. di Madura, lo stesso che maduromicosi; p. piatto (o p. piatti o dolci), appiattimento della volta plantare, per cui il piede poggia al suolo con tutta o quasi la pianta: talora congenito, è frequente in persone costrette dal loro mestiere a prolungata stazione eretta, come camerieri, poliziotti, ecc. (v. anche piedipiatti); p. talo, deformità caratterizzata da uno stato di permanente flessione dorsale del piede, per cui il dorso può venire quasi a contatto con la faccia anteriore della gamba; p. torto, deformazione permanente del piede, congenita in alcune forme, acquisita in altre; p. valgo, deformazione quasi sempre associata al piede piatto e al piede equino, caratterizzata da forzata pronazione, per cui il piede poggia al suolo solo col suo bordo interno, mentre l’esterno rimane sollevato; p. varo, deformità congenita o acquisita, spesso associata al piede equino e al piede cavo, caratterizzata da una forzata supinazione, per cui il piede poggia al suolo soltanto con il suo bordo esterno, mentre l’interno rimane sollevato. In etnologia, deformazione dei p., antica pratica diffusa nel passato in quasi tutta la Cina, consistente nel fasciare strettamente i piedi delle donne, fin dall’infanzia, in modo da costringere le dita, eccetto l’alluce, sotto la pianta, con conseguente rimpicciolimento deformante del piede. b. Nei molluschi, massa muscolare situata nella parte ventrale del corpo, che rappresenta il principale organo di locomozione dei gasteropodi e di scavo nei bivalvi. Con riferimento agli artropodi il termine è spesso usato come sinon. di gnatopodio, massillipede (o p. mascellare, v. mascellare). c. In merceologia, olio di piedi, olio animale molto fluido, ricavato dalle ossa metacarpiche e metatarsiche, quelle comprese cioè tra lo zoccolo e il garretto, di animali macellati (bovini, ovini, cavalli, ecc.), usato come lubrificante, nella preparazione di pelli fini, nella oliatura di fibre tessili, e sim. 2. Fraseologia e locuzioni: a. In senso proprio e fig.: andare (o camminare) in punta di piedi, per non fare rumore; fig., andarsene in punta di piedi, con discrezione, senza farsi notare; mettere piede in un luogo, entrarvi, andarvi (spec. in espressioni negative: non ci ho mai messo p., non ci sono mai stato); non sapere dove mettere i p., dove posarli camminando (o anche stando fermi, quando manchi lo spazio); mettere un p. innanzi all’altro, camminare con regolarità e prudenza (fig., procedere sistematicamente, per gradi, senza correre rischi, in un’azione qualsiasi); mettere qualcosa tra i p. a uno, per impedirgli di camminare, per farlo inciampare (e fig., per ostacolarlo in un’azione qualsiasi); mettere un p. in fallo, inciampare camminando (fig., commettere un errore a proprio grave svantaggio); in espressioni negative: non muovere p., restare immobile o comunque non spostarsi: da quando mi hai lasciato non ho mosso p. dalla stanza; puntare i p., fermarsi facendo forza sui piedi (più spesso fig., ostinarsi in un’idea, in una posizione, volere a ogni costo qualcosa); pestare, o battere, i p., per scaldarli o in segno di impazienza, di nervosismo, o di capriccio infantile; fig., pestare i p. (o i calli) a qualcuno, intralciarne i progetti, le attività o le aspirazioni; non lasciarsi pestare i p. da nessuno, non accettare prepotenze, soprusi; essere, stare sempre tra i p., essere sempre presenti (e quindi molestare, infastidire, anche con la sola presenza, essere invadenti); levarsi, togliersi qualcuno dai p., liberarsi di persona ritenuta inutile o fastidiosa; togliti dai p.!, invito brusco ad andarsene, o a spostarsi da un luogo in cui si dà fastidio. Nel tennis, fallo di piede, quello compiuto dal giocatore che effettua il servizio se, mentre colpisce la palla, ha uno o entrambi i piedi all’interno del rettangolo di gioco. b. Solo in senso fig.: andare con i proprî p., di cosa che procede per proprio conto, da sola; andare, camminare con le ali ai p., correre, procedere con gran velocità; andare, camminare con i p. di piombo, agire con estrema prudenza, con cautela; non riuscire a cavare i p. da qualche cosa, non riuscire a venire a capo di un lavoro, non riuscire a risolvere un problema, e sim.; darsi la zappa sui p., fare qualcosa che, invece di riuscire utile come si sperava, si ritorce a proprio danno; tenere il p. in due staffe (meno com. tenere due piedi in una staffa, o anche tenere un p. in due scarpe, o due p. in una scarpa), tenere un contegno ambiguo (v. staffa, n. 1); mettere i p. sul collo a uno, mettersi qualcuno sotto i p., sottometterlo con prepotenza, maltrattarlo; partire col p. sbagliato, cominciare un’attività, dare il via a qualcosa con un errore, con una mossa sbagliata; prendere piede, affermarsi, imporsi: è una moda che sta prendendo p. (per il sign. di prendere p. in botanica, v. oltre, al n. 4); sentirsi mancare la terra sotto i p., accorgersi di essere in una situazione insostenibile; essere con un p. nella fossa, avere poco da vivere, per malattia o vecchiaia (e, fig., essere prossimo alla rovina); essere su un p. di parità, in condizioni di parità; essere sul p. di guerra, essere pronti a iniziare uno scontro, una lotta; politica del p. di casa, quella rivolta solo alla soluzione di questioni interne, di problemi di ordinaria amministrazione (l’espressione fu usata polemicamente negli ultimi decennî del sec. 19° e all’inizio del 20° con riferimento alla strategia politica della Sinistra nei confronti della questione irredentista). c. In locuzioni formate in unione con mano: arrampicarsi con le mani e coi p., su pendii molto erti; fig., con le mani e con i p., con ogni mezzo disponibile, spec. nelle espressioni arrampicarsi, aiutarsi con le mani e con i p., fare di tutto pur di riuscire; darsi a qualcuno mani e piedi, affidarglisi completamente, fare atto di resa incondizionata. d. Contrapposto a capo nell’espressione: da capo a piedi, da cima a fondo, interamente: bagnato, sporco da capo a p.; si è presentata vestita di nero da capo a piedi. Anche contrapp. a testa, come sede dell’intelligenza (o a cervello), in espressioni come fatto coi p., malamente, senza capacità o senza impegno: questo lavoro è fatto coi p.!; è un articolo scritto coi piedi. 3. Preceduto da preposizioni, in locuz. che hanno talvolta valore avverbiale: a. A piedi, camminando: andare a p., fare un pezzo di strada a p.; restare a piedi, non riuscire a prendere un mezzo di trasporto (e, fig., non cogliere un’occasione propizia, non riuscire nel proprio intento, restare delusi e senza appoggi); nell’uso ant., mettere a piedi, scavalcare, far cadere dall’arcione: E perch’io sappia chi m’ha messo a piedi, Fa che per nome io lo conosca ancora (Ariosto); nel linguaggio dell’ippica, messo a piedi, detto del fantino, lo stesso che appiedato; cavalleria a piedi, appiedata. Con l’aggiunta di un aggettivo: a p. scalzi, senza calzature (o senza calze); a p. asciutti, senza bagnarsi i piedi; a p. pari, a p. giunti, con i piedi uniti; fig., saltare a piedi pari, e più com. a piè pari (v. pari1, n. 2 a). A p. libero, nel linguaggio giudiziario, di chi è sottoposto a un processo senza essere in stato di arresto (con allusione ai ceppi con cui un tempo si legavano i piedi dei condannati); a p. fermo, e più spesso a piè fermo (v. piè). b. Ai piedi, riferito a persona o cosa situata in basso rispetto ad altra persona o cosa: gettarsi ai p. di qualcuno, in segno di sottomissione, di supplica, di resa totale; fig., vuole vedere tutti ai suoi p., vuole dominare su tutti (ma si dice anche di persona che vuole essere ammirata, adorata da tutti); ai p. del monte, del colle, e sim.; anche a piè (o appiè) del monte, del colle, e sim. (v. piè). c. Da piedi, dalla parte dei piedi: per questa notte possiamo far dormire il bambino da piedi, possiamo farlo dormire trasversalmente, in fondo al letto; meno com. dappiè. d. Nell’ippica, (partenza) da p. fermo, partenza di una corsa al trotto data mentre i cavalli sono fermi al nastro; è obbligatoria nelle corse con handicap e tutte le volte che si siano verificate tre false partenze consecutive. e. In piedi, in posizione eretta sul corpo (non seduto, non coricato o sdraiato): alzarsi, essere, stare in piedi; non mi reggo in piedi dal sonno, dalla stanchezza; anche usato assol., come comando ad alzarsi: in piedi!; fig., mettere in piedi, allestire, preparare: hanno messo in p. un nuovo spettacolo di danza; tenere in p., conservare, mantenere, salvare: stanno facendo un ultimo tentativo per tenere in p. il loro matrimonio; un discorso, un ragionamento, una giustificazione che non si regge in piedi, contrario alla logica, incoerente, poco verosimile; cadere in piedi, uscire da una situazione difficile e rischiosa senza il danno che si poteva temere o senza conseguenze negative: sia ringraziato Iddio ...: posso proprio dire d’esser caduta in piedi (Manzoni). f. Su due piedi, lì per lì, senza frapporre indugio: messo alle strette, lì su due p., non sapevo che cosa rispondere; lo voleva licenziare su due p.; trovare su due p. una soluzione, un rimedio. 4. a. Per estens., la parte più bassa di un oggetto, spec. di un mobile, sulla quale l’oggetto stesso poggia o sembra poggiare (come il corpo sui piedi), e può essere anche costituito da elementi di sostegno a sé stanti, in genere corti (diversi perciò dalle gambe, che sono più lunghe e sottili): i p. del divano, del comò, della libreria, ecc.; più genericam., la base di una struttura qualsiasi: la statua poggia su un p. di travertino; p. di una galleria, la sua parte inferiore (e detta anche suola); p. della ruota di prua, p. dell’albero, nel linguaggio marin.; p. dell’arpa, la parte basale da cui sporgono i pedali; p. della canna da pesca, la parte più grossa dove è l’impugnatura, il mulinello ed eventualmente il puntale. b. In anatomia, indica anche, talvolta, la porzione inferiore di una formazione anatomica: p. del peduncolo cerebrale. c. In botanica, p. di una pianta, la base del fusto aereo (e in generale la parte basale di un organo, più ristretta del resto): il p. (o gambo) dei funghi. Con altro sign., nella ramificazione, l’internodio che si trova, con funzione di base, immediatamente al di sotto del nodo dal quale si origina un ramo laterale. Nell’uso com., un p. di lattuga, un p. d’insalata, lo stesso che cespo; prendere p., detto di pianta che attecchisce. In fitopatologia, mal del piede, malattia del frumento e di altri cereali, caratterizzata da marciume o da annerimento della base del culmo (è causata da una specie fungina del genere pizio, o da altri parassiti, come per es. l’ofiobolo). d. In legatoria, il lato del libro corrispondente al margine inferiore delle carte, detto anche taglio di piede. e. In tipografia, la base inferiore di un carattere tipografico, opposta all’occhio; è spesso munito di un incavo (canale) nelle lettere molto grandi. f. In matematica, piede della perpendicolare n condotta da un punto P a una retta r (o a un piano α) è il punto d’incontro della retta n con la retta r (o con il piano α). 5. In metrologia, unità di misura di lunghezza, usata presso gli antichi e tuttora presso alcune nazioni, con valori diversi, oscillanti intorno a 30 cm (per es., il p. romano, lat. pes, valeva circa 29,6 cm). Nei paesi anglosassoni tale unità (ingl. foot, pl. feet; simbolo: ft) corrisponde a 30,48 cm: in base ad essa sono anche definiti il p. cubo (unità di volume) e il p. quadrato (unità di superficie). 6. a. Nella metrica classica, la più piccola unità ritmica di un verso, formata di due o più sillabe, con una parte forte (arsi) e una debole (tesi). b. Nella metrica italiana, ciascuno dei due membri, di uguale struttura metrica, in cui è suddivisa la fronte della strofa nella canzone antica o petrarchesca. 7. Seguito da compl. di specificazione consistente nel nome di un animale, serve a indicare cose che abbiano qualche somiglianza di forma col piede dell’animale. In partic.: a. P. di pollo, nell’attrezzatura navale, nodo speciale che si fa all’estremità di un cavo vegetale. b. P. di colombo, nome di un vitigno della Campania, detto anche piedepalumbo o piedirosso (v.). c. P. di corvo o p. corvino, altro nome dell’erba canterella (lat. scient. Coronilla scorpioides). d. P. di gatto, erba perenne delle composite (Antennaria dioica), delle regioni fredde e temperato-fredde dell’emisfero boreale, con grande adattabilità ecologica: vive sui suoli umificati acidi di boschi con latifoglie e conifere o di pascoli alpini e subalpini; i suoi capolini sono usati come medicamento pettorale e colagogo. 8. In tipografia, p. di mosca (o p. sporco; anche piè di mosca, piè sporco), segno tipografico in forma di ❡ o ¶ che si usava anticamente per richiamo, come l’asterisco, o per indicare passi speciali, o, più frequentemente, per marcare i capoversi e riempirne la rientranza; quest’ultimo uso compare talvolta anche nella composizione moderna. 9. Nella tecnica saccarifera, piede di cotta, massa iniziale di piccoli cristalli che si forma negli apparecchi di cottura, evaporando sotto vuoto soluzioni zuccherine concentrate: costituisce un insieme di centri di cristallizzazione sui quali, col procedere dell’operazione, si va a depositare lo zucchero presente nella soluzione che via via si introduce nell’apparecchio. 10. Nella coniazione delle monete, si chiama piede (della moneta) il numero dei pezzi che si possono coniare con l’unità di peso (di solito, nei paesi a sistema metrico decimale, un chilogrammo) del relativo metallo fino. Dim. piedino (v.), dim. o vezz. piedùccio; accr. piedóne; pegg. piedàccio.