pigliare
v. tr. [lat. *piliare, prob. der. di pilare «saccheggiare»] (io pìglio, ecc.). – Sinon. di prendere, d’uso più fam. e talvolta più enfatico, in quanto indica un’azione più energica, e piuttosto l’atto immediato dell’afferrare che quello del tenere, motivo per cui è raro l’uso del part. pass. e dei tempi composti. Negli altri tempi, si alterna con prendere in frasi colloquiali, quali, per es.: p. in giro; p. per il bavero; p. la mano; p. la vita come viene; bada, che se ti piglio ...!; pigliarsi un raffreddore, un’arrabbiatura; che ti piglia?, che ti succede?, che cosa ti salta in mente? Soltanto pigliare nella locuz. tosc. p. le gambe, mettersi in cammino: Piglian le gambe, e stradano ... (Pascoli); e nell’espressione piglia piglia (v.). Non raro anche in testi letter.: E caddi come l’uom cui sonno piglia (Dante); il Saladino guardava di pigliarlo nelle parole (Boccaccio), di coglierlo in fallo in qualcuna delle sue risposte; tanti cori Amor piglia, fere o ancide (Poliziano); prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi punti piglian più o meno della vasta scena circostante (Manzoni). Come intr. (aus. avere), far presa: la tinta non piglia bene.