pigmento
pigménto s. m. [dal lat. pigmentum, der. del tema di pingĕre «tingere, dipingere»]. – 1. Nome generico di sostanze colorate insolubili che, disperse in mezzi acquosi o oleosi, sono capaci di colorare per sovrapposizione, cioè di ricoprire gli oggetti di uno strato colorato permanente: si usano come componenti di vernici o pitture, in dispersione nelle materie plastiche, nella colorazione della carta, della gomma, ecc., nella preparazione di colori per pittura, di inchiostri, di cosmetici. Oltre alla funzione colorante possono esplicare altre funzioni: così, per es., si hanno pigmenti antiruggine, pigmenti luminescenti, ecc. I pigmenti inorganici sono costituiti da sostanze naturali usate fin dall’antichità (come le ocre, le terre, certe sostanze minerali), o da sostanze sintetiche, classificate in base alla loro composizione chimica (carbonati, solfati, ecc.), ai metodi di preparazione (precipitati, calcinati, ecc.) o, più frequentemente, al colore (p. bianchi, gialli, rossi, neri, ecc.); in commercio vengono indicati con nomi che si riferiscono spesso al loro colore e all’elemento chimico in essi presente: bianco di zinco, rosso di titanio, giallo di cadmio, ecc., o con denominazioni tradizionali: nerofumo, blu di Prussia, verde di Schweinfurt, ecc. (v. ai singoli colori); molto usati sono anche i pigmenti organici sintetici (coloranti azoici, ftalocianine, derivati dell’antrachinone, ecc.) e le lacche. P. luminescenti sono quelli che producono effetti fosforescenti o fluorescenti, usati specialmente per segnalazioni; tra i più importanti il fosfuro di zinco, spesso attivato con sostanze che producono colorazioni diverse. Carta al pigmento, tipo di carta fotografica, poco usata, a base di gelatina bicromata che viene resa insolubile dall’azione della luce; lo sviluppo avviene in acqua calda, la quale elimina il pigmento non impressionato. 2. In biologia, sostanza organica di vario colore e varia composizione chimica, presente nelle cellule sotto forma di granuli, gocce o cristalli, che ha la proprietà di conferire ai tessuti di animali e piante le varie colorazioni: p. animali, melanine, lipocromi, emoglobine, ecc.; p. vegetali, clorofille, carotenoidi, antocianine, ecc. P. fotosintetici, componenti fondamentali delle strutture lamellari dei cloroplasti: sono composti organici colorati che hanno la proprietà di assorbire fortemente la luce visibile nelle bande del colore a loro complementare e possono essere divisi in tre grandi gruppi: clorofille, carotenoidi e ficobiline. Negli animali i pigmenti sono largamente rappresentati e hanno una duplice origine: alcuni sono sintetizzati dall’organismo (p. endogeni, come le porfirine), altri sono invece assunti con l’alimentazione principalmente dal regno vegetale (p. esogeni, come i polieni); in condizioni patologiche, l’abnorme accumulo delle cellule di pigmento determina il fenomeno della pigmentazione patologica: ne sono responsabili pigmenti endogeni (p. biliari, melanina, o particolari pigmenti detti «da usura») ed esogeni (introdotti con gli alimenti, come i caroteni, o assunti a scopo terapeutico, come il bismuto, oppure inalati o ingeriti per cause professionali, come il carbone e il piombo).