pingere1
pìngere1 (ant. pìgnere) v. tr. [lat. pĭngĕre «ricamare, dipingere»] (io pingo, tu pingi [ant. pigni], ecc.; pass. rem. pinsi, pingésti [ant. pignésti], ecc.; part. pass. pinto), ant. o letter. – 1. Dipingere: Come pintor che con essempro pinga, Disegnerei com’io m’addormentai (Dante). 2. Frequente, in poesia, nei sign. estens. e fig. di dipingere: a. Colorire: né mi curo se ai plausi ... Pinge ingenuo rossor tua casta gota (Parini). b. Descrivere vivacemente: ho riprovato indarno Al secol che verrà l’alte bellezze Pinger cantando (Petrarca); al re non oso Pinger suo stato orribile (Alfieri). c. Raffigurare nell’animo, immaginare: Se vera e quale il mio pensier ti pinge, Alcun t’amasse in terra (Leopardi); improvida D’un avvenir fallace, Lievi pensier virginei Solo pingea (Manzoni). d. Con riferimento a cosa (suono, gesto, ecc.), essere l’immagine, esprimere: le note Che pingon come l’armonia diè moto Agli astri (Foscolo); chiede opportuno e parco Con fronte liberal che l’alma pinge (Parini). ◆ Il part. pass. pinto, usato con valore verbale, ha le stesse accezioni del verbo, e, come agg., le stesse di dipinto1; nel linguaggio letter. e poet., anche variopinto: Gli animai lassi ... E i pinti augelli ... Sopian gli affanni e raddolciano i cori (T. Tasso); il prato pinto di color diversi (Poerio).