pirateria
piraterìa s. f. [der. di pirata]. – 1. L’attività dei pirati (detta anche, per distinguerla dalle altre più recenti forme chiamate con lo stesso nome, p. marittima), cioè l’azione brigantesca di percorrere il mare con proprie navi per impadronirsi di beni altrui in vista di fini esclusivamente personali (v. pirata, n. 1); diffusa già in tempi molto lontani, dal 2° millennio a. C., soprattutto nel Mediterraneo orientale, e più tardi anche in Occidente (Illirî, Liguri, Etruschi), riprese vigore nel medioevo e anche in tempi più vicini, per opera principalmente dei pirati barbareschi. Oltre che nel diritto interno, anche in diritto internazionale la pirateria costituisce reato, ed è considerata diversa dall’azione dei corsari, esplicata su autorizzazione e nell’interesse di uno stato, allo scopo, per es., di combattere il commercio marittimo nemico (la guerra di corsa, peraltro, è stata abolita a livello internazionale nel 1856). 2. Per estens., p. aerea, atto criminoso consistente nel prendere possesso, per lo più con la minaccia delle armi, e assumere il controllo di un aeromobile, normalmente per dirigerlo verso una destinazione finale diversa da quella originariamente stabilita. 3. fig. a. Ladrocinio, ruberia, plagio e sim.: la p. di alcuni commercianti, di certi impresarî; p. editoriale, libraria; con valore concr.: la richiesta di un interesse così alto su un piccolo prestito è una vera pirateria. b. Nel linguaggio giornalistico, p. informatica, l’attività di chi, ottenendo illegalmente accesso a reti di informazioni e archivî di dati informatici, copia programmi o dati riservati, inserisce delle modifiche nella documentazione (per es. di istituti di credito) per ricavarne vantaggi illeciti, diffonde virus in banche dati o compie analoghi atti di sabotaggio.