polacco
(ant. pollacco) agg. e s. m. (f. -a) [dal pol. polak, connesso con lo slavo pole «campo, pianura»] (pl. m. -chi). – 1. agg. Della Polonia, territorio e stato dell’Europa centrale: la storia, la letteratura p.; le danze p.; i profughi p.; gli Ebrei p.; legioni p., formazioni armate di volontarî polacchi che, dopo la spartizione della Polonia (1795) e fino alla seconda guerra mondiale, intervennero in varî conflitti bellici, spesso al fianco di popoli in lotta per l’indipendenza, e sempre con lo scopo di creare le premesse politiche e militari per la rinascita e l’indipendenza della Polonia; corridoio p., v. corridoio n. 3 a; la lingua p. (o, come sost., il polacco), l’insieme dei dialetti parlati dai Polacchi in gran parte del territorio politico dell’attuale Polonia, in alcune zone della Repubblica Ceca, della Germania, della Lituania, dell’Ucraina, della Russia e della Bielorussia, appartenenti al gruppo occidentale delle lingue slave; il papa p., per antonomasia, Karol Wojtyła (1978-2005), il primo papa polacco nella storia del cattolicesimo. Come sost., abitante o nativo della Repubblica di Polonia (la capitale è Varsavia), entrata a far parte dell’Unione Europea nel 2004. 2. In zootecnia, coniglio p., razza di coniglio piccolissimo, albino, con occhi rossi, carne finissima e pelliccia molto apprezzata, che si presta bene per l’imitazione dell’ermellino.