portico
pòrtico s. m. [dal lat. portĭcus -us (femm.), affine a porta «porta1» e a portus -us «porto3»] (pl. -ci, ant. -chi). – 1. Ambiente limitato, in almeno uno dei suoi lati, da una serie di colonne o pilastri, e lungo gli altri lati da pareti continue, anche interrotte da porte o finestre; costituisce ambiente di passaggio coperto lungo le vie e intorno a piazze, cortili, rappresentando talvolta elemento architettonico distintivo di facciate o di fianchi di palazzi: i p. di Atene; il p. d’Ottavia, a Roma; i p. di piazza S. Marco, a Venezia; i p. di Bologna, di Torino, di Padova; passeggiare sotto i portici. 2. Costruzione rurale separata o annessa al fabbricato principale, in cui sono custoditi attrezzi, veicoli, legna, fieno, ecc.: costituisce un locale coperto di disimpegno del cascinale ed è formato da una tettoia doppia generalmente a pilastri centrali coperta da tetto a due falde, con locale aperto a uso di rimessa da una parte e porticato ad archi o travature dall’altra. 3. Denominazione della scuola filosofica greca fondata da Zenone di Cizio, per aver egli cominciato il suo insegnamento in Atene (sec. 3° a. C.) sotto la Stoà Poikìle, il «Portico dipinto» (delle pitture di Polignoto); la scuola è più spesso designata con la corrispondente forma greca Stoà (donde i termini ital. stoici e stoicismo, con cui furono rispettivam. indicati i suoi seguaci e la sua dottrina). ◆ Dim. portichétto.