postdemocrazia
(post-democrazia) s. f. La democrazia all'inizio del terzo millennio, caratterizzata dal rispetto formale delle regole democratiche, ma sempre meno partecipata dai cittadini e sempre più controllata da ristrette cerchie interne ai poteri pubblici e privati (burocrazie, tecnocrazie, lobby finanziarie, economiche e politiche, mezzi di comunicazione di massa). ◆ Per sintetizzare: più si diffonde la «mercatizzazione», più deve crescere l’impegno per sviluppare interventi politico-sociali per stabilirne limiti e argini. Questo è accaduto, seppur parzialmente, durante i lavori delle commissioni europee presiedute da Delors e da Prodi. Quel che manca oggi è invece l’opera di «bilanciamento» che può essere esercito da parte della politica. È questo un aspetto del trionfo della postdemocrazia. (Colin Crouch, intervistato da Benedetto Vecchi, Manifesto.info, 26 marzo 2015, Cultura) • [tit.] La post-democrazia fondata sul premier. (Repubblica.it, 3 agosto 2015, Politica) • Insomma prima che la democrazia scivolasse nella post-democrazia (in cui il confronto politico si trasforma in competizione tra marchi, privi di effettive valenze contenutistiche e sociali) e – a sua volta – la post-democrazia iniziasse la sua corsa suicida verso la “democratura”: una forma dittatoriale esercitata da ristrette collusioni tra potenti incontrollati/incontrollabili (la plutocrazia alleata con leader bonapartisti) all’interno di un guscio fatto di riti democratici puramente formali. (Pierfranco Pellizzetti, Fatto Quotidiano.it, 13 ottobre 2016, Referendum costituzionale, Blog).
Derivato dal s. f. democrazia con l'aggiunta del prefisso post-.
Il vocabolo è già attestato nella Repubblica dell'8 settembre 1990, p. 19, Mercurio (Giuseppe Dierna), nell'accezione di 'democrazia logora, sclerotizzata'; nell'accezione qui a lemma, la voce ricalca l'ingl. Postdemocracy, che è anche il titolo di un saggio (2004) del politologo inglese Colin Crouch, tradotto nel 2005 in Italia con il titolo, per l’appunto, di Postdemocrazia (Laterza ed.).