povero
pòvero agg. [lat. pop. pauper -a -um per il lat. class. pauper -ĕris, comp. di paucus «poco» e parĕre «procacciare, produrre»: propr. «che produce poco» (detto prob., in origine, della terra)]. – 1. a. Riferito a persona, che non dispone a sufficienza di quanto è essenziale per vivere, per sostentarsi, che ha scarsi mezzi economici, che manca del denaro necessario e di tutto quanto il denaro può procurare (si contrappone a ricco, ed è sempre posposto, in questa accezione, al sost. cui si riferisce): ha sposato una ragazza p.; è gente p.; le famiglie più p. della città; in posizione predicativa: essere p.; sono molto poveri; diventare p.; è nato, è vissuto, è morto p.; mala cosa nascer povero, il mio caro Renzo (Manzoni); rafforzato con valore superl.: esser povero povero; essere povero come Giobbe; essere povero in canna, poverissimo. Con uso sostantivato: elenco dei p. del comune; ospizio per i p.; prima di morire distribuì ai p. tutti i suoi averi; sfruttare i p.; aiutare i p.; nell’uso com., mendicante, accattone: vicino al portone c’è un p. che chiede l’elemosina. Analogam., di collettività prive di mezzi o scarse di risorse economiche: un istituto, un convento p.; villaggi molto p.; una nazione p.; i paesi p. del terzo mondo. b. Che indica o manifesta povertà, miseria, triste condizione (può essere anteposto o posposto al sost. cui si riferisce; nel primo caso esprime una maggior partecipazione del parlante): vivere in p. stato; ognuno ha fatto la sua p. offerta; i bambini del paese hanno portato i loro p. doni; dopo una p. cena (o una cena p.) andarono a dormire; essere vestito di p. panni; giacere in un p. giaciglio. Che è abitato da gente povera, e quindi appare estremamente umile e modesto nell’aspetto: un paese formato di p. case; abitano in p. capanne; quartieri p.; questa è una casa p., ma onesta; Nel suo p. tetto educò un lauro Con lungo amore (Foscolo); che appartiene a gente povera: sedevano su p. panche; tirò fuori le sue p. cose. c. Arte p., nel linguaggio delle arti figurative, tendenza di ricerca artistica manifestatasi verso la fine degli anni ’60 del Novecento, che, rifiutando lo spirito formalista della pop art, in partic. l’attenzione posta ai valori iconografici, e opponendosi a forme di manipolazione o sofisticazione, mira al recupero del contingente come sola possibilità d’arte, facendo ricorso a materiali non nobili o addirittura banali (quali carta, pietra, stoffe, vegetali, ecc.), e si pone come presa di coscienza delle possibilità espressive insite nella materia; con altro sign., nel linguaggio degli antiquarî, metodo economico (detto anche lacca dei poveri) di decorare mobili e altri oggetti d’arredamento con applicazioni di stampe ritagliate o mediante decalcomanie. Architettura p., locuz. con la quale ci si riferisce a piccole costruzioni in genere realizzate dalle stesse persone che le abiteranno, senza un progetto, spesso su terreno demaniale e con materiali riciclati e di risulta, a volte utilizzate come seconda casa; negli anni ’70 specialmente negli Stati Uniti, opere di questo genere sono state realizzate nell’ambito di movimenti giovanili tendenti al rifiuto delle convenzioni e particolarmente attenti alle problematiche ecologiche. Cucina p., modello alimentare entrato nell’uso dagli anni ’70 in poi, che, come reazione agli errori di un’alimentazione troppo ricca e raffinata, sostiene la necessità di recuperare cibi e ingredienti che, in passato, erano tipici delle classi povere, quali, per es., la polenta, i legumi, certi tipi di pesce, ecc. Moda p., modo di vestire in auge spec. negli anni ’70, soprattutto tra i giovani, che si avvaleva di materiali e tessuti semplici e poco costosi, come espressione di anticonformismo e atteggiamento di rifiuto del consumismo in ogni suo aspetto. d. Al plur., entra nella denominazione di varî ordini religiosi cattolici, maschili e femminili, che hanno fatto voto di povertà: P. ancelle di Gesù Cristo; P. figlie delle sacre stimmate di s. Francesco; P. figlie di s. Antonio di Padova; P. suore di Nazaret; P. eremiti di Celestino, P. eremiti di s. Girolamo, ecc.; e anche di comunità e sette religiose non cattoliche che aderivano allo spirito di povertà evangelica: P. cattolici; P. di Lione, denominazione dei valdesi di Francia spec. dopo la scissione (inizio sec. 13°) dai loro confratelli italiani (che, a loro volta, si dissero P. lombardi). 2. a. Seguito da un compl. di privazione, che scarseggia, che difetta di qualcosa che, invece, dovrebbe avere: un’impresa p. di capitali; fiume p. d’acqua; zona p. di vegetazione; sangue p. di globuli rossi; una vita, un lavoro p. di soddisfazioni; tema p. di idee; un uomo p. di spirito, dotato di poco spirito, ingenuo, semplice o addirittura semplicione (per il sign. originario dell’espressione, nella frase evangelica beati i poveri di spirito, v. beato). b. Con il compl. di privazione sottinteso (e sempre posposto al sost. cui si riferisce): terreno, concime p., che contengono scarse quantità di principî nutritivi per le piante; vino p., a bassa gradazione alcolica; una facciata p., disadorna, priva di ornamenti; campagna p., con poca vegetazione. Con partic. riferimento all’ambito espressivo, stile p., banale, privo di movimento e di vivacità; componimento p., con poche idee e concetti; lingua p., scarsa di vocaboli; molto com. l’espressione in parole p. (più raram. in lingua p.), senza ornamenti o perifrasi, quindi in termini chiari e precisi, anche se talvolta un po’ crudi: in parole p., questa è una bella vigliaccheria! Con riferimento a qualità intellettuali, poco dotato, limitato, insufficiente: cervello p.; fantasia, immaginazione p.; ingegno p.; o ineffabile sapienza che così ordinasti, quanto è p. la nostra mente a te comprendere (Dante). c. In usi tecnici: gas p., miscela gassosa combustibile ottenuta dalla reazione di aria con uno strato sufficientemente spesso di coke incandescente; nei motori a combustione interna, miscela p., la miscela in cui l’aria è in eccesso rispetto alla quantità teorica ideale per ottenere la combustione completa del combustibile. 3. Anteposto al sost. cui si riferisce: a. Esprime commiserazione, pietà, partecipazione affettiva per qualcuno o qualcosa, con implicita l’idea non tanto della povertà quanto della triste condizione: le piccole gioie della p. gente; sono soltanto un p. impiegatuccio; ha trovato un p. lavoro; non riesce a campare con i suoi p. guadagni; che cosa vuoi che faccia con le sue p. forze?; mi fa pena con quelle sue p. braccine, esili e magre; con altro senso, sono p. scuse, misere, meschine. Sempre in tono di commiserazione, è frequente in esclamazioni: p. donna!; p. ragazzo!; p. vecchietto!; p. orfani!; p. innocente!; p. bestia!; va, va, p. untorello, ... non sarai tu quello che spianti Milano (Manzoni); anche per commiserare sé stessi: p. me!, p. noi! (pop. tosc. pover’a me!, pover’a noi!). Nell’uso fam., un p. Cristo, persona che, per il suo aspetto fisico e per le sventure che l’affliggono, ispira pietà; un p. diavolo, chi è privo di mezzi economici e, anche, in vario modo, perseguitato dalla sorte. Inserito in frasi che spiegano il motivo della compassione: p. ragazzo, come s’è ridotto!; com’erano trattati quei p. malati!; di animali e cose: p. bestia, quanto soffre!; che cosa fai a quel p. gattino?; p. soprabito, guarda come l’hai conciato!; dovresti tenere meglio quei p. libri!; e con tono di rimpianto per cose che appaiono sprecate o perdute: p. i miei soldi!; p. le mie fatiche! In altri casi, soprattutto con pron. personali, esprime la previsione, l’annuncio o la minaccia di qualcosa di spiacevole: se non fai come ti dico, p. te!; p. me, se mi trova qui!; se lo pesco un’altra volta, p. lui!; se non superiamo l’esame, p. noi! b. In altri contesti, al compatimento si unisce il disprezzo o l’ironia: p. te!; p. illuso!, p. ingenua!, p. imbecille!, p. deficiente!; e lui, p. scemo, c’è cascato!; p. martire!, p. vittima!, rivolgendosi o riferendosi a chi si atteggia a martire o a vittima degli altri o delle circostanze. c. Sempre ispirata a compatimento, ma con varie connotazioni, l’espressione pover’uomo (o pover uomo; anche poveruomo): e ora, chi glielo dice a quel pover’uomo? tanto il pover’uomo era lontano da prevedere che burrasca gli si addensasse sul capo! (Manzoni); Ben lo sappiamo: un pover uom tu se’ (Carducci); il povero Niccolai, invece, poveruomo, era uno dei nostri anche come idee (Pratolini); può anche significare, talora, uomo ingenuo e sciocco, oppure dappoco e meschino: era proprio un poveruomo ... incapace di scelta e di decisione (Moravia). d. Assume tono di compianto e rimpianto come attributo di persone defunte: preghiamo per i nostri p. morti; il mio p. babbo; come diceva la p. nonna ...; la p. Balducci rendeva erede il marito d’una minor parte della sua sostanza (C. E. Gadda). 4. Locuzioni avv. alla povera, alla maniera dei poveri, secondo le abitudini o le possibilità della gente povera: un trattamento, una festicciola alla povera. ◆ Frequenti i dim. poverino, poverétto, poverèllo (v. le singole voci); poco com. poverùccio; raro l’accr. poveróne, spreg. e iron.; il pegg. poveràccio (v.), anch’esso molto com., ha solo la forma, non la connotazione, peggiorativa. ◆ Avv. poveraménte, da povero, in povertà: vestire, vivere poveramente; è morto poveramente com’era vissuto; la casa è arredata poveramente; in modo elementare, rudimentale: concetti articolati poveramente; un tema svolto troppo poveramente.