preambolo
preàmbolo (ant. preàmbulo) s. m. e agg. [dal lat. tardo praeambŭlus, agg., «che va innanzi», der. di praeambulare «andare avanti», comp. di prae- «pre-» e ambulare «camminare»]. – 1. s. m. a. Proemio, prefazione, introduzione di un discorso, di una trattazione, di un’opera: dopo un breve p. l’oratore entrò nel vivo della questione. Nell’uso diplomatico, p. di un trattato, parte introduttiva di un accordo internazionale, contenente indicazioni di carattere generale. b. Premessa cerimoniosa e inutile, divagazione oziosa fatta per avviare un discorso, o per prendere una questione alla larga, o per disporre l’interlocutore a proprio favore: lascia da parte questo p. e vieni al sodo; per lo più al plur.: non facciamo tanti p.!; senza tanti p. gli ha detto il fatto suo; tutti questi p. per chiedermi un piccolo prestito?; il Griso non rispose nulla, e stette aspettando dove andassero a parare questi preamboli (Manzoni). c. Nella corrispondenza d’ufficio della pubblica amministrazione, spec. nei telegrammi, parte iniziale della testata di un messaggio, indicante la qualifica di precedenza attribuita e il momento in cui è stato firmato il telegramma dal mittente (con l’apposizione di un gruppo alfanumerico detto «gruppo data orario»). d. Nella teologia cattolica, preamboli della fede (lat. praeambula fidei), le verità che possono essere raggiunte dalla ragione (come, per es., l’esistenza di Dio) prima che con un atto di fede si accettino le verità rivelate. 2. agg., ant. Con uso aggettivale (conforme a quello originario lat.), precedente, introduttivo, preliminare: essendo già arrivati 10 vescovi, fecero congregazione per stabilire le cose preambule (Sarpi); in un modo somigliante avviene la rigenerazione spirituale dell’uomo, salvo che l’operazione preambola dello Spirito Santo può precedere anche di tempo alla stessa rigenerazione (Rosmini).