prebenda
prebènda s. f. [dal lat. tardo praebenda s. f. (propriam. gerundivo femm. di praebere «offrire, somministrare»)]. – 1. Porzione di beni di un capitolo o di una collegiata, assegnata come dote a un ufficio canonicale; comunem. il termine indica i beni costituenti il patrimonio dei benefici ecclesiastici minori, destinato a fornire un reddito a un ecclesiastico (o a un laico) che ne sia beneficiario: non ho la p. di un vescovo, e non posso tirarmi sulle braccia anche la famiglia dei figli di mio fratello (Verga); preti che, ridotti alla fame dalla miseria delle loro prebende ..., s’ingegnavano a trafficare in mercato (Bacchelli). 2. estens. Guadagno lauto, compenso conseguito, più, o meno lecitamente e in genere con poca fatica, grazie a incarichi straordinarî, attività clientelari e sim.: non vuole rinunciare alla carica per non perdere le laute p. ch’essa gli procura; concedere favori in cambio di ricche prebende; io non ho mai avuto cariche politiche né tanto meno ho avuto prebende e guadagni dal passato regime (Papini). 3. ant. o region. a. Provvigione di denaro, razione giornaliera di cibo. b. Quantità di biada che si dà come razione ad animali domestici come cavalli, bovini e sim. (cfr. profenda): la casa del padrone non era lontana, ed Anania vi si recava spesso per farsi dare la p. del cavallo (Deledda).