premessa
preméssa s. f. [dal lat. mediev. praemissa (sententia) «proposizione messa avanti», part. pass. femm. di praemittĕre «premettere»]. – 1. In un ragionamento filosofico, logico o matematico, ogni enunciato che viene ammesso in partenza e da cui si traggono le conclusioni; in partic., nella logica del sillogismo, ciascuno dei due giudizî che vengono premessi o presupposti per dedurre la conclusione: p. maggiore, la premessa contenente il termine maggiore, e p. minore, quella contenente il termine minore; p. immediate, quelle che non derivano da una precedente argomentazione deduttiva, ma sono immediatamente percepite come vere dall’intelletto. Con accezione più generale, ogni verità che si presenti come condizione teorica e storica di altra verità; in senso ancora più ampio, considerazione o affermazione preliminare. 2. a. Discorso, osservazione, notizia che si fa precedere al discorso principale, come chiarimento preliminare o come introduzione: farò, devo fare una p.; ti esporrò la questione senza tante premesse. In partic., breve scritto premesso a un’opera a scopo illustrativo o dichiarativo. b. P. di un provvedimento legislativo, preambolo al provvedimento nel quale sono indicati gli elementi relativi all’approvazione, alla pubblicazione e (per i decreti legge e decreti legislativi) all’autorità proponente del provvedimento stesso. 3. Condizione o ipotesi che costituisce il presupposto per la realizzazione di un fatto: la buona volontà delle parti è la p. necessaria per giungere a un accordo; la p. indispensabile per arrivare alla firma del contratto è che il debito sia subito saldato; mancano le p. per una soluzione pacifica della vertenza; più genericam., fatto o condizione che prelude a un evento, concorrendo anche a determinarlo: ci sono tutte le p. di una crisi di governo; mancano a tutt’oggi le p. di una ripresa dell’economia nazionale. 4. In grammatica, la protasi, cioè la proposizione condizionante di un periodo ipotetico.