profeta
profèta s. m. [dal lat. tardo propheta, gr. προϕήτης, der. di πρόϕημι «preannunciare, predire», comp. di προ- «avanti» e ϕημί «dire»] (pl. -i, ant. -e). – 1. a. In generale, persona che parla per ispirazione di una divinità, manifestandone il volere e, spesso, preannunciando in suo nome il futuro. La presenza di profeti, attestata, in varie forme (divinazione, oniromanzia, oracoli, trance, ecc.), nella storia di tutte le religioni, assume caratteristiche peculiari nella religione del popolo d’Israele, com’è documentata nel Vecchio Testamento, dove si sogliono distinguere i profeti preclassici (sec. 11°-9° a. C.) e i profeti «canonici» o «scrittori» (8°-5° sec. a. C.): qui, accanto a forme generiche di profetismo, individuale e collettivo, la figura del profeta si specifica presto come di colui che parla in nome di Yahweh e manifesta i suoi disegni, guidando nel suo cammino storico Israele; e contro la tendenza di questo a deviare continuamente dagli impegni assunti con l’alleanza del Sinai, l’azione del profeta assume spesso il carattere di rimprovero al popolo e ai suoi capi, di intervento politico e di richiamo morale. Le prime comunità cristiane collocano la figura di Gesù nella linea del profetismo biblico come profeta escatologico, uguagliato a Mosè, anzi come il più grande profeta in rapporto con Dio «in spirito e verità», mediatore della rivelazione. In seguito, la storia del cristianesimo vede la continua presenza di profeti, uomini dotati del carisma della profezia, dono dello Spirito. Fraseologia relativa ai profeti del Vecchio Testamento: i p. biblici, i santi p. (usato assol., per lo più con iniziale maiuscola: i Profeti); il p. David o, per antonomasia, il re p.; talora posposto: Geremia p., Zaccaria p.; Dio parlava per bocca dei p.; in usi antonomastici, con riferimento all’uno o all’altro dei profeti biblici: secondo le parole del p., come dice il p., e sim. Con riferimento alla religione islamica, attributo di Maometto, in quanto parla in nome di Allah e ne annuncia la volontà: Allah è grande e Maometto è il suo p., espressione di fede dell’islamismo. b. Seguito da un compl. di specificazione oggettiva, chi preannuncia, chi predice: i p. del Messia. 2. estens. a. Chi, per possedere capacità divinatorie o per semplice intuizione o per carisma divino, prevede cose che poi si avverano: bisognerebbe essere un p. per saperlo; sei stato un buon p. (anche con valore aggettivale in funzione di predicato: sei stato p.; e così in Dante: come fu creata, fu repleta Sì la sua mente di viva vertute, Che, ne la madre, lei fece p., con riferimento a s. Domenico che, nell’alvo materno, diede spirito profetico alla madre). b. Con sign. anche più generico, chi preannuncia eventi futuri: falso p., chi vanta virtù divinatorie che non possiede, o chi afferma falsamente di parlare in nome e per ispirazione della divinità, o si dichiara depositario e si fa propagatore di pretese verità che si riveleranno prive di fondamento e illusorie o ingannevoli; cattivo p., chi ha predetto cose che non si sono poi verificate; vorrei essere un cattivo p., mi auguro che non si avveri quello che purtroppo prevedo accadrà. In partic., chi annuncia e predice avvenimenti tristi o infausti: p. di sventura, di disgrazie; Profeta di sciagure, unqua un accento Non uscì di tua bocca a me gradito (V. Monti, nella traduz. dell’Iliade). Talora, chi prevede eventi di considerevole significato storico, politico, culturale: p. mal gradito e inascoltato, il Tocqueville ... avvertiva l’avvicinarsi della rivoluzione (B. Croce). In senso fig.: nessuno è p. in patria, traduz. del prov. lat. nemo propheta in patria (v.).