profondita
profondità s. f. [dal lat. tardo profundĭtas -atis, der. di profundus «profondo»]. – 1. In senso relativo, la distanza, misurata lungo la verticale, tra il fondo di un corpo cavo e la sua estremità superiore, oppure, quando si tratti di masse liquide, la differenza di quota tra il fondo e il livello superiore (tale concetto è quindi analogo a quello di altezza, e, parlando di un corpo cavo, può costituire una delle sue dimensioni; per es., larghezza, lunghezza e p. di una vasca): la p. del mare, d’un fiume, d’un lago; la p. media del fondo marino è di circa 4000 m; alte p., quelle che in genere si hanno negli oceani, fra 3000 e 10.000 m; p. di un cratere, di un pozzo; analogam., di elementi che s’internano, che s’addentrano: la p. di un’insenatura, di una ferita, e sim.; misurare, calcolare la p.; ha 100 m, ha 1000 m di p., è profondo tanto; a poca, a grande p., a 30 m di p., a piccola o grande distanza, alla distanza di 30 m, dal piano o dalla linea superiore di riferimento. Nella costruzione navale (non com.), p. di una stiva, l’altezza interna della stiva di un bastimento, misurata generalmente dalla faccia superiore della chiglia o, se esiste, dal cielo del doppio fondo, fino alla retta del baglio del ponte relativo. In aeronautica, p. dell’ala, dell’alettone, del timone, dell’impennaggio, la massima dimensione secondo la direzione della corda media o dell’asse longitudinale. In cinematografia e fotografia, p. di campo (o, meno comunem., p. di fuoco), la distanza tra il punto più vicino e il punto più lontano, rispetto all’apparecchio da ripresa e lungo l’asse ottico di questo, di cui l’obiettivo dell’apparecchio dà sulla pellicola immagini sufficientemente nitide; in generale la profondità di campo è tanto maggiore quanto minore è l’apertura del diaframma dell’obiettivo e la sua lunghezza focale, e quanto maggiore è la distanza di ripresa. Timone di p., nella navigazione sottomarina e, per estens., in quella aerea, timone che, ruotando intorno a un asse orizzontale, determina spostamenti in senso verticale. In metallurgia, p. di tempra, la distanza dalla superficie di un pezzo metallico alla quale si risentono in una data misura (per es. sulla base di prove di durezza) gli effetti del trattamento termico di tempra. 2. a. In senso assoluto, qualità, condizione di ciò che è profondo, il fatto d’avere la parte più bassa o più interna a notevole distanza dall’estremità superiore: il relitto non è ricuperabile, data la p. del mare nel punto dove la nave è affondata; la grotta non è stata mai interamente esplorata, a causa della sua profondità. Come locuz. avv., in p., profondamente, molto addentro: penetrare, scendere in p. (anche fig.: esaminare in p. un concetto, una dottrina, indagare a fondo ogni loro aspetto); nel gioco del calcio e in sport analoghi, tiro o passaggio in p., tiro o passaggio del pallone mandato a una certa distanza in avanti. b. Con sign. concreto, luogo profondo: fauna, flora di p.; risalire dalla p. degli abissi; spesso al plur.: nelle p. della Terra; le inesplorate p. degli oceani; p. abissali. 3. fig. a. L’esser profondo, nei varî usi fig. dell’agg.: nella p. della notte, a notte inoltrata; p. d’un sentimento; p. di mente, di pensiero; p. d’un concetto. b. La parte più intima, più segreta di una persona, del suo carattere e della sua sensibilità: la p. della coscienza, dell’animo; non è facile esplorare le p. del cuore umano.