proletario
proletàrio agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. proletarius; la connessione con proles «prole», e l’interpretazione già antica di proletarii come coloro «il cui unico patrimonio era costituto dalla prole», non sembrano molto convincenti]. – 1. Nell’antica Roma, chi veniva censito soltanto per la persona, non per gli averi, e quindi non faceva parte di nessuna delle cinque classi dell’ordinamento centuriato. 2. Nell’età moderna, chi appartiene alla classe del proletariato; secondo la teoria marxiana, chi appartiene alla categoria dei lavoratori che non sono proprietarî dei mezzi di produzione e vivono unicamente del salario corrisposto in cambio della forza-lavoro: la massa dei p.; le lotte dei p.; proletarî di tutto il mondo, unitevi!, famosa esortazione con la quale si concludeva il «Manifesto del partito comunista», pubblicato da K. Marx e F. Engels nel 1848. Come agg.: classe p.; coscienza p.; lotta p. contro il capitalismo; un quartiere p., abitato prevalentemente da operai; con varie determinazioni, è anche elemento frequente nella denominazione di partiti o gruppi politici, e anche di formazioni eversive. Esproprio p., espressione eufemistica coniata negli anni ’70 del Novecento per indicare le irruzioni e le azioni di saccheggio in negozî e supermercati, compiute da estremisti di sinistra (o da estranei infiltratisi nelle loro file) in nome di un presunto diritto alla riappropriazione di beni da parte delle classi disagiate (con lo stesso sign. anche spesa proletaria). Nel titolo del discorso (La grande Proletaria si è mossa) pronunciato da G. Pascoli a Barga nel 1911 per esaltare la guerra libica come occasione di lavoro per le masse degli emigranti, il termine, riferito all’Italia, ha il sign. di «ricco solo del lavoro dei proprî figli». ◆ Avv. proletariaménte, non com., in modo proletario, dal punto di vista del proletariato.