prostrare
v. tr. [dal lat. tardo prostrare, rifatto su prostratus, part. pass. di prosternĕre «prosternere»] (io pròstro, ecc.). – 1. a. Stendere a terra, abbattere, atterrare, o annientare completamente (anche uccidendo): p. il nemico, l’avversario. b. fig. Indebolire, fiaccare, privare totalmente dell’energia fisica o psichica: la lunga convalescenza lo ha prostrato; è stato un lavoro faticoso e difficile, che ha prostrato le nostre forze; il dolore ha prostrato il suo spirito; è ancora prostrato dal grave colpo ricevuto con quella notizia; essere prostrato dalle privazioni, dalla sventura, dalla stanchezza. c. Con altro senso fig., umiliare, avvilire, mortificare: p. l’orgoglio, la vanità di qualcuno; p. l’arroganza dell’avversario. 2. Nel rifl., gettarsi in ginocchio, o disteso a terra, per venerare, per umiliarsi, per implorare, e sim.; prosternarsi: prostrarsi davanti all’altare; cadde in ginocchio prostrandosi fino a terra; la folla si prostrava al suo passaggio; a lui si prostra umìle, E in questa guisa, lagrimando, il prega (Parini); si prostrava fino a baciare il suolo davanti alla croce (Palazzeschi). Fig., umiliarsi, abbassarsi: prostrarsi davanti alle autorità, ai potenti; mi disgusta vederlo prostrarsi servilmente davanti al direttore. ◆ Part. pass. prostrato, anche come agg. nei varî sign. del verbo: la guerra lasciò la nazione prostrata; dopo la liberazione dalla prigionia rimase a lungo prostrato e depresso; prostrato ai suoi piedi implorava pietà; E l’adorò: beata! Innanzi al Dio prostrata, Che il puro sen le aprì (Manzoni); non gli riuscì di dormire sebbene si sentisse prostrato da una stanchezza e da un torpore mortali (Moravia). In partic., in botanica, adagiato al suolo, detto di certi fusti o anche di piante intere che si sviluppano orizzontalmente (come, per es., la portulaca).