puntellare
v. tr. [der. di puntello] (io puntèllo, ecc.). – 1. Sostenere, fermare con puntelli una struttura: p. una porta, una finestra; p. il portone perché rimanga aperto; con lor ferro il coperchio, ch’era gravissimo, sollevaron tanto quanto uno uomo vi potesse entrare, e puntellaronlo (Boccaccio); p. un muro, un soffitto, un arco, una volta. 2. a. Per estens., p. una persona, sorreggerla con opportuni sostegni: lo riposero dove avea a stare, puntellandolo molto bene intorno intorno co’ guanciali (G. Gozzi); o, più genericam., sostenerla: in piedi non sembrava reggersi e, istintivamente, feci l’atto di puntellarlo anch’io per impedirgli di cadere (Piovene); nel rifl., puntellarsi, sorreggersi appoggiandosi a qualche sostegno: salire su un albero puntellandosi ai rami con le ascelle; puntellandosi sui bracciuoli della poltrona, fece l’atto di alzarsi (Ed. Calandra); mutilati senza gambe che si puntellano prima su una stampella e poi sull’altra (I. Calvino). Con altra costruzione, meno com., puntare, cioè appoggiare saldamente un arto o una sua parte sul terreno o altrove per sostenersi, rialzarsi e sim.: p. le mani sulla seggiola, i ginocchi a terra, i gomiti sul tavolo. b. In usi fig., venire finanziariamente o con altri mezzi in soccorso di un’istituzione o di un’amministrazione pericolante: p. un’industria, un’azienda in grave deficit; p. un ente in dissesto; e nel rifl. reciproco: Chiesa e Impero ... si reggono puntellandosi a vicenda (Bacchelli). In senso più astratto, sostenere, rafforzare: p. le proprie tesi con argomenti più convincenti.