puntello
puntèllo s. m. [prob. der. di punta1, o forse der. di ponte, raccostato a punta1]. – 1. Sbarra di legno o di metallo, opera muraria e, in genere, elemento ad asse verticale, o anche inclinato rispetto alla verticale, che, fissato a un solido punto d’appoggio, serve come sostegno di strutture (muri, armature di gallerie, scavi, ecc.), soprattutto quando esse si trovino in condizioni statiche incerte: mettere un p. alla porta, alla finestra; tiraron via il p. che il coperchio dell’arca sostenea, e fuggendosi, lui dentro dall’arca lasciaron racchiuso (Boccaccio); con partic. riferimento alla tecnica delle costruzioni: mettere i p. a una trave, a un arco, a una volta, a un architrave; un muro, un soffitto sorretto da puntelli, che sta su a forza di puntelli. Nella costruzione navale, nome degli elementi, generalmente di legno, che si appoggiano allo scafo di una nave e sui gradini del bacino di carenaggio per mantenere dritta la nave in secco e a quelli analoghi che sostengono la nave durante la lavorazione dello scafo sullo scalo. Per estens., il termine designa anche elementi stabili e integranti di alcune strutture, come, per es., sempre nella costruzione navale, le colonne che collegano verticalmente i ponti tra loro e col fondo della nave. 2. Per estens., appoggio, sostegno in genere: farsi puntello del braccio, della mano, dei ginocchi, del gomito, appoggiarvisi per rialzarsi o per sorreggersi. Con gli stessi sign., ma in senso fig., di aiuto e sostegno anche spirituale e morale: essere il p. di un’associazione, di un’organizzazione, colui che la sostiene, che contribuisce più degli altri a mantenerla in vita; e scherz. o iron.: andare avanti a forza di puntelli, a forza di aiuti, di sovvenzioni, di prestiti; ragionamento che ha bisogno di puntelli, non molto chiaro e convincente di per sé e che perciò deve ricorrere a prove e argomentazioni cavillose.