punto2
punto2 s. m. [lat. pŭnctum, lat. tardo pŭnctus, der. di pŭngĕre «pungere»: propr. «puntura, forellino»]. – 1. a. Nel cucito e nel ricamo, l’atto del passare il filo attraverso la stoffa e ripassarlo a breve distanza, e il risultato di tale atto: p. di cucito, di ricamo; p. larghi, corti, fitti, radi; dare, mettere un p., due punti, fare una rapida cucitura. Anche il forellino lasciato dall’ago passando attraverso la stoffa: si vedono i punti. Con partic. determinazioni, nel cucito: p. sopraggitto, v. sopraggitto; orlo a p. mosca, che si esegue sollevando con l’ago uno o due fili della parte rimboccata del tessuto, scendendo quindi verso destra sotto il ripiego dell’orlo per eseguire poi, puntando nuovamente l’ago, un altro punto obliquo, questa volta dal basso verso l’alto, da sinistra a destra. Nel ricamo: p. Madera, lo stesso che p. inglese (v. inglese, n. 2a); p. Caterina de’ Medici, ricamo semplicissimo, così detto dal nome della regina di Francia (1519-1589), appassionata cultrice e divulgatrice dell’arte del ricamo e, in partic., di questo punto, noto anche col nome di p. madama; p. scritto, usato per delimitare spazî da riempire con altri punti di ricamo o come contorno di disegni: si esegue con due giri di punto filza ricoprendo, nel giro di ritorno, i fili del tessuto lasciati a intervalli regolari nel giro di andata; p. Assisi, originario della cittadina umbra dove fiorì, al principio del Novecento, sul modello di antichi ricami locali: è caratterizzato da disegni stilizzati per lo più di animali (in genere cervi, colombe, grifi) che si stagliano sulla tela (bianca o avorio) grazie a contorni eseguiti, a punto scritto, con filo nero mentre il fondo è ricamato, nei colori ruggine o azzurro, a punto croce; p. Rodi, punto di fondo che si presenta, come il punto quadro, come una serie di file di quadretti, con la differenza che anziché essere lavorato orizzontalmente si esegue in diagonale in giri di andata e di ritorno e su tessuto non sfilato in precedenza; per il p. antico, p. broccatello, p. catenella, p. croce, p. erba, p. a giorno, v. le rispettive voci. Nel ricamo di tappezzeria, mezzo p. o piccolo p., che si esegue prendendo con l’ago un solo filo del canovaccio e tracciando file di punti obliqui; può anche essere eseguito su fili di imbastitura orizzontali conducendo il filo da destra verso sinistra su tutta la linea che sarà occupata dai punti obliqui e in questo caso è più spesso detto mezzo p. in croce. b. Per estens., anche il singolo avvolgimento del filo in lavori a uncinetto o a maglia (in questo caso è sinon. di maglia), eseguiti a mano o a macchina: rifare i p. sfilati; diminuire, calare un p.; lasciar cadere un p.; aumentare un punto. c. In tessitura, l’inserzione dei fili di ordito con quelli di trama a costituire la legatura. d. In chirurgia, p. chirurgico (o assol. punto), elemento della sutura applicato con un ago manovrato a mano libera o mediante una pinza portaaghi, con un filo di lino, seta, catgut, metallo, tessuto animale, sostanza degradabile, ecc.: mettere, levare, togliere i p. a una ferita. Per estens. vengono detti punti anche altri mezzi di sutura, come le grappette metalliche e le clips d’argento (analogam., nell’uso com., si chiamano punti metallici le grappette con cui, per mezzo di una cucitrice, si uniscono due o più fogli di carta o di cartoncino). 2. a. Segno grafico consistente in un cerchietto pieno, di dimensioni minime (in questo senso è frequente il dim. puntino, senza differenza di significato): lo p. per la sua indivisibilitade è immensurabile (Dante). In partic., nella scrittura, quello che si segna sulla i minuscola (donde l’espressione fig. mettere i p., e più com. i puntini, sugli i, precisare, mettere in chiaro le cose con scrupolosa esattezza, per evitare malintesi. Come segno d’interpunzione: p. o p. fermo (.), che indica la fine di un periodo e rende obbligatoria la maiuscola iniziale per la parola che apre la frase successiva; p. e virgola (;), che indica una pausa del discorso e un distacco logico più forte della virgola, meno forte del punto fermo; due punti (:), che servono per introdurre un discorso diretto, una citazione testuale, una enumerazione, una frase che serve di chiarimento o di amplificazione di quanto precede; per il p. esclamativo e il p. interrogativo, v. i singoli aggettivi; punti (o puntini) di sospensione, o sospensivi o di reticenza, serie di punti (...), di regola tre o quattro, posti alla fine di una frase o anche nel mezzo, per indicare che il discorso è stato interrotto o sospeso volutamente (servono anche, ma racchiusi in parentesi tonde o quadre onde evitare che siano scambiati per puntini di sospensione, a segnalare omissioni volontarie di parole o frasi all’interno di citazioni). b. Con usi estens. e in frasi fig.: fare punto, fermarsi, porre termine a un’attività qualsiasi: a una certa età bisogna fare p.; p. e basta!, esclam. fam. con la quale si esorta a porre termine a qualche cosa, a smetterla (e ora p. e basta, non se ne parli più); p. fermi, di un programma d’azione, di una trattativa, ecc., posizioni fissate o raggiunte, dalle quali non si deve recedere; p. interrogativo, di cosa poco chiara, che non si sa bene come o perché sia avvenuta, o come possa finire: la sua improvvisa partenza è un p. interrogativo per me; o anche di persona dal comportamento poco chiaro: quel ragazzo è un p. interrogativo, non riesco proprio a capirlo. c. Nella scrittura musicale, il segno del punto, posto a destra di una nota o della pausa (p. di valore), ne prolunga la durata della metà del suo valore; si possono avere, se pure raramente, due punti successivi, o anche tre, e in tali casi il secondo e il terzo aggiungono ulteriormente alla nota la metà del valore del punto precedente (per es., una minima con un punto semplice acquista il valore di tre quarti, ossia di una minima più una semiminima; il secondo punto le aggiunge il valore di una croma, il terzo quello di una semicroma). Con altra funzione, posto sopra o sotto la nota, il punto (detto in questo caso p. di stacco) ne prescrive l’esecuzione in staccato o in martellato. Con la locuz. p. coronato si indica, talora, la corona (v. corona, nel sign. 5 h). d. In matematica, il punto come segno grafico viene adoperato con più funzioni: p. decimale, simbolo convenzionale che nei paesi anglosassoni separa, nella scrittura dei numeri, le cifre della parte intera da quelle della parte decimale (corrisponde alla virgola, usata invece in Italia, tranne che nel linguaggio dei calcolatori elettronici, nel quale si segue l’uso anglosassone); viene inoltre utilizzato, a mezz’altezza, per indicare un prodotto, spec. nel calcolo algebrico (per es.: a2· b), e per indicare la derivata di una funzione, nel qual caso viene posto sopra la lettera che rappresenta la funzione (per es.: ẏ, ṡ). e. Nella trasmissione in codice internazionale morse, il punto rappresenta graficamente l’unità di durata dei due elementi di base (il punto stesso e la linea, equivalente questa a tre punti, ossia a tre unità), nonché l’unità di durata dell’intervallo nella cadenza della trasmissione. f. In informatica, punti a (o per) pollice, grandezza per esprimere la definizione, o risoluzione, di dispositivi per produrre caratteri e immagini, quali stampanti e schermi di monitor di calcolatori elettronici, pari al numero di punti che il dispositivo è in grado di produrre ben distinti su una lunghezza di un pollice (2,54 cm); è spesso indicata con la sigla DPI, acronimo della corrispondente unità ingl. Dots Per Inch. 3. Qualsiasi oggetto o segno che appaia piccolissimo: i fanali delle vetture apparivano ormai come lontani p. rossi; la superficie della foglia era cosparsa di p. bruni. Nella tecnica del bulino, punti d’impasto, punti incisi nel mezzo delle piccole losanghe risultanti dall’incrocio dei segni, che hanno lo scopo di perfezionare e addolcire i passaggi tra le luci, le ombre, i riflessi. In medicina, p. cieco (o macchia cieca) di Mariotte, lo stesso che scotoma fisiologico (v. scotoma); p. neri, termine pop. col quale si indicano i comedoni; p. nero, fig. (meno com. p. oscuro), difficoltà che si presenta in un insieme di circostanze favorevoli, aspetto negativo di una questione, di una faccenda, o, anche, azione moralmente censurabile che costituisce una macchia nella condotta, nella vita di una persona. 4. Ciascuna delle unità che si prendono in considerazione per stabilire i risultati conseguiti in gare, competizioni, giochi, prove scolastiche, concorsi, o anche per valutare l’andamento di determinati fenomeni (sociali, economici, ecc.): a. Negli sport, in generale: fare, segnare, ottenere, realizzare un p., due punti. Nel gioco delle bocce, giocata o andata a punto, uno dei tre tipi di giocata (gli altri due sono la giocata di raffa e la giocata di volo), consistente nel tirare la boccia in modo che corra sulla superficie del campo e si fermi il più possibile vicino al pallino. Le modalità relative al punto del lancio e al punto d’arrivo della boccia giocata sono le stesse della giocata di raffa (v. raffa2). Nel pugilato, vincere o perdere ai p., quando l’incontro termina dopo l’effettuazione di tutte le riprese in programma e il risultato si stabilisce in base ai punti conseguiti da ciascun contendente nelle singole riprese. In varî giochi di carte o d’altro genere: scrivere, segnare i p.; chi fa l’ultima mano segna un p.; con una mano sola faccio due p.; vince la partita chi arriva a segnare 21 punti; dare dei p. a qualcuno, si dice del giocatore più esperto che al principio della partita concede all’avversario alcuni punti di vantaggio, come handicap; quindi, fig., dare dei p. a qualcuno, superarlo in qualcosa; è un tipo che darebbe dei p. al diavolo, più furbo del diavolo. b. Nell’uso scolastico, ognuna delle unità che costituiscono il voto con cui viene valutato il merito degli studenti relativamente a prove scritte e orali: il professore toglie un p. per ogni errore; quindi, per estens., il voto stesso: è stato promosso con ottimi p.; si è diplomato con il massimo dei punti. Analogam., in concorsi per esami o per titoli: per l’abilitazione occorre un minimo di 70 punti; e similmente nei concorsi a premî istituiti da case commerciali: ogni etichetta vale 5 punti. c. In quotazioni di borsa: le azioni sono scese, o salite, di due punti. Nel corso dei cambî, p. metallici o p. dell’oro (v. metallico, n. 1). d. Nel linguaggio economico e sindacale, p. di contingenza: v. contingenza, n. 3. 5. In matematica, insieme a retta e piano, uno degli enti fondamentali della geometria, la cui nozione intuitiva corrisponde all’idea di una posizione sulla retta, nel piano o nello spazio (si tratta cioè di una figura non scomponibile in parti e priva di dimensioni); nella geometria euclidea, la nozione, assunta come primitiva, è implicitamente definita dai postulati del piano (v. piano2, n. 5); nel piano cartesiano un punto è rappresentato da una coppia di numeri reali (analogam., nello spazio cartesiano, da una terna). Il termine compare spesso in locuz. specifiche (e per le quali si rimanda alle singole voci): p. angoloso, p. cuspidale, p. doppio (v. doppio, nel sign. 3 e), p. di flesso (v. flesso2), p. improprio o all’infinito (v. improprio, nel sign. 3 b), p. di massimo o di minimo (v. massimo, nel sign. 2), p. di sella, ecc. In partic., p. di accumulazione o p. limite, per un sottoinsieme X di uno spazio topologico, un punto tale che ogni suo intorno abbia almeno un altro punto in comune con X: se un punto di X non è di accumulazione è detto p. isolato; si parla inoltre di p. aderente, per indicare un punto appartenente a X o di accumulazione di X; p. ciclico, in geometria proiettiva, ciascuno dei due punti improprî di un qualunque cerchio; p. di contatto o di tangenza, punto in cui una retta è tangente a una curva o a una superficie (o, più in generale, in cui si ha una tangenza tra due varietà); p. fisso, in una trasformazione, punto che ha sé stesso per immagine; p. medio di un segmento, il punto che divide il segmento in due parti uguali; p. notevoli di un triangolo, il baricentro, il circocentro, l’incentro e l’ortocentro del triangolo; p. reale, punto del piano complesso (o dello spazio complesso) con coordinate reali; p. singolare o p. multiplo (in contrapp. a p. semplice o ordinario), punto di una curva algebrica (o più in generale di una varietà algebrica) in cui ogni retta ha intersezione almeno doppia; p. stazionario (o di stazionarietà), punto di una curva piana in cui la derivata prima si annulla. Il termine assume poi, caso per caso, qualificazioni specifiche: a. In meccanica, p. materiale, ente ideale con cui può essere schematizzato qualunque corpo le cui dimensioni siano piccole (e possano quindi essere trascurate) rispetto alle distanze tipiche che compaiono nel problema che si sta considerando, e quando non intervengano rotazioni del corpo: il moto del corpo allora può essere identificato completamente col moto del punto materiale che lo rappresenta, se in esso si considera concentrata tutta la massa del corpo in questione, e si parla di cinematica del p. materiale, dinamica del p. materiale, ecc. ove ci si riferisca alle formulazioni della meccanica che si possono applicare quando è valida tale schematizzazione. b. Nel linguaggio marin., posizione geografica di una nave in un dato istante (p. vero, p. nave o, assol., punto) individuata dall’incrocio delle coordinate geografiche di latitudine e di longitudine, ovvero dal rilevamento e dalla distanza di almeno un punto notevole e trigonometricamente definito (p. cospicuo), riportato sulla carta nautica (per es., fari, campanili, ecc.); la determinazione del p., diversa a seconda dei differenti sistemi di navigazione, è comunque riconducibile a una triangolazione consistendo nell’intersezione di più linee di posizione, e può ottenersi con rilevamenti ottici di punti cospicui, con rilevamenti e cerchi di uguale distanza radar di punti cospicui radarabili (e in tal caso si ottiene il p. radar), con rilevamenti radioelettrici e radiogoniometrici di radiofari, con circoli e rette d’altezza di astri (per ottenere, nella navigazione astronomica, il p. osservato); in mancanza di riferimenti visivi o di radioaiuti si può ottenere una posizione stimata (p. stimato) individuata in base al percorso che si ritiene aver compiuto lungo la rotta prevista a partire dall’ultimo punto vero, tenendo conto della velocità indicata dal solcometro, del tempo trascorso, delle condizioni meteorologiche e delle correnti marine. In aeronautica, il termine ha sign. e usi analoghi per definire la posizione dell’aeromobile; tuttavia, per ottenere il p. aereo occorre aggiungere ai dati relativi al piano (per es., alle coordinate geografiche) l’indicazione della quota; in partic., p. astronomico, lo stesso che punto osservato; p. automatico, punto indicato istante per istante dal calcolatore di bordo in base ai dati forniti dalla piattaforma inerziale e dal sistema radioelettrico seguito: può essere espresso in gradi e primi di latitudine e di longitudine, ovvero in direzione (azimut) e distanza da un radiofaro. Con riferimento a questi sign., le locuz. fare, prendere il p., rilevare la posizione; di qui anche, in senso fig., fare il p. della (o sulla) questione, della (o sulla) situazione, e sim., stabilire con esattezza i termini a cui si è giunti allo scopo di prevedere i possibili sviluppi e decidere della condotta da seguire. Per il p. di non ritorno in aeronautica, e in senso fig., v. ritorno (n. 1 d). c. In astronomia, p. cardinali, p. equinoziali, p. vernali, v. i singoli agg.; così pure per i p. cardinali, p. principali, p. coniugati in ottica. In partic., in astronomia nautica, p. determinativo, punto di tangenza della retta d’altezza con il circolo d’altezza, coincidente con il punto d’incontro del circolo verticale dell’astro osservato con il circolo d’altezza; p. subastrale, proiezione dell’astro osservato sulla sfera terrestre in un dato istante, ovvero punto della Terra dal quale, nell’istante considerato, l’astro è visibile allo zenit. d. In oculistica, p. prossimo, il punto dell’asse ottico più vicino all’occhio, per il quale è ancora possibile la visione distinta (per un occhio normale tale punto è convenzionalmente posto a 25 cm); p. remoto, il punto dell’asse ottico più lontano dall’occhio, per il quale è ancora possibile la visione distinta (per un occhio normale tale punto è all’infinito). e. In antropologia, p. craniometrici: v. craniometrico. f. In balistica, p. di caduta, p. di arrivo; nel tiro contraereo, p. presente, posizione del bersaglio aereo nell’istante in cui viene lanciato il proietto o il missile che deve abbatterlo; p. futuro, la posizione del bersaglio aereo nel momento in cui entra in collisione con il proietto o con il missile. P. zero, punto della superficie terrestre in cui avviene o in cui deve avvenire lo scoppio di un ordigno nucleare. Nell’uso ant. si diceva tiro di p. in bianco (in fr. de but en blanc) il tiro di artiglieria senza elevazione, quando la linea di mira si teneva orizzontale, corrispondente nell’apparecchio di mira a una posizione zero, non contraddistinta da alcun numero (in bianco): ci restano da considerare i tiri di p. in bianco verso levante e verso ponente (Galilei); l’espressione è ancora viva nel linguaggio com., con senso fig., per indicare un atto compiuto o da compiere senza alcuna preparazione: così di p. in bianco non saprei decidere; abbandonò tutto di p. in bianco. g. In geometria descrittiva, p. di fuga (v. fuga, n. 5 a); p. di vista, il punto dal quale viene osservato l’oggetto. Quest’ultima espressione è molto com. in senso fig., per indicare il particolare modo di intendere, di valutare una realtà: dal suo p. di vista ha ragione; dipende dai p. di vista; ti ho detto il mio p. di vista, ora spiegami il tuo. h. Negli organi meccanici in moto alternativo, e in partic., con riferimento allo stantuffo delle macchine alternative, è detta p. morto ciascuna delle due posizioni estreme (p. morto superiore, p. morto inferiore) della traiettoria percorsa dall’organo. In senso fig., nell’uso com., difficoltà da cui non è possibile uscire: le trattative sono arrivate a un p. morto, non accennano a evolversi né in un senso né in un altro; l’inchiesta (o l’indagine) è giunta, o si trova, a un p. morto, in una fase statica, che non ha molte probabilità di sviluppo se non sopravvengono fatti nuovi. 6. Luogo, zona ben determinata, precisa: abita in un p. centrale della città; c’è un p. qui vicino da cui si gode una splendida vista; proprio in quel p., la strada o il fiume fa un gomito; l’ascensione è facile, tranne in alcuni p.; libreria, caffè che era un tempo il p. di ritrovo degli intellettuali della città; p. di vendita, centro di vendita, luogo nel quale si vendono determinati prodotti (per un uso partic. della locuz. punto di vendita, e della equivalente locuz. ingl. point of sale, v. pos); p. franco, v. puntofranco. Con sign. più ampio, p. caldi (traduz. dell’ingl. hot spots), zona della crosta terrestre interessata da manifestazioni vulcaniche; con altro senso, fig., aree geopolitiche agitate da forti conflitti interni o tra nazioni diverse. In araldica, punti dello scudo, le parti (o scacchi) in cui si divide lo scudo ai fini del blasonamento; in partic., p. equipollenti, quelli di un’arma suddivisa in nove parti (per mezzo di due linee orizzontali e di due linee verticali), generalm. ricoperte da altrettante pezze araldiche in due smalti alternati; p. di scacchiere o di scacchiera, quelli originati dalla suddivisione dello scudo in quindici parti (con quattro linee orizzontali e due linee verticali), ricoperte da altrettante pezze araldiche in due smalti alternati. In medicina, p. dolente (frequente anche nella forma lat. punctum dolens), area cutanea di limitate dimensioni, rappresentante in genere la proiezione di un organo profondo, la cui compressione provoca dolore in caso di malattia dell’organo corrispondente: p. dolente appendicolare, cistico, uretrale (anche in usi fig., per indicare l’argomento più delicato e scottante, che provoca, quando viene toccato, risentimenti e reazioni); p. nevralgico, anche in senso fig., v. nevralgico. In fonetica, p. (o luogo) d’articolazione, v. articolazione, n. 3. In sartoria, p. di vita, la zona dove il corpo si restringe sui fianchi, e la parte corrispondente del vestito. Per punti luce, nell’arredamento di appartamenti e negozî o di altri ambienti, v. luce, n. 3. Per p. d’appoggio, con più accezioni, v. appoggio, n. 1 e 3 e. Per p. giratorio, in architettura navale, v. giratorio. P. debole, di una struttura, il luogo di minore resistenza; in senso fig., di una persona, la parte in cui è più vulnerabile, in cui pecca più facilmente, e sim. (ai punti deboli si contrappongono i p. di forza, gli elementi che sono a proprio favore e che possono essere validamente utilizzati per ottenere un risultato positivo, sui quali si può contare per vincere la concorrenza, e sim.). 7. a. Luogo, passo di uno scritto o di un discorso: un p. del romanzo (o del racconto) mi ha commosso profondamente; la lettera mi è sembrata poco chiara in un p.; ho dovuto correggere la prefazione in più punti. b. Singolo argomento di un racconto o di una discussione: narrare, riferire, esaminare, discutere tutto punto per punto; veniamo al p.!, veniamo all’argomento principale e più importante, non divaghiamo; su questo p. non avrei difficoltà; punti d’accordo, di dissenso; ci siamo intesi su tutti i punti. In partic., ciascuno dei capitoli, dei paragrafi, o comunque degli argomenti essenziali in cui viene suddiviso e precisato un programma d’azione, una dichiarazione di principî, un proclama, un comunicato, un dibattito: il nostro programma si articola in quattro p.; il Consiglio d’amministrazione dovrà esprimersi su questi due p. fondamentali; gli otto p. della Carta atlantica (proclamati da Churchill e Roosevelt nell’agosto 1941). Più genericam., questione: parve cosa molto garbata il far decidere un p. di cavalleria da un cappuccino (Manzoni); questo è il p.!, qui sta il p.!, è questo l’aspetto fondamentale della questione. P. d’onore, questione che impegna l’onore di una persona, e sulla quale perciò non è disposta a cedere; di qui, prob., l’espressione mettersi al p. di ..., mettersi d’impegno a fare, a volere, a pretendere qualche cosa: sperava che ... si mettesse al p. di fare onor alla casa e a lui medesimo (Goldoni); la famiglia dell’ucciso, potente assai, ... s’era messa al p. di voler vendetta (Manzoni). 8. Con riferimento al diagramma rappresentativo di un fenomeno, il termine, opportunamente qualificato, indica un particolare punto del diagramma medesimo, cui corrisponde una determinata condizione o qualità del fenomeno rappresentato dal diagramma; viene inoltre usato per designare un particolare valore di una grandezza cui corrisponde il manifestarsi di un fenomeno o di una proprietà; per le locuz. specifiche, si rimanda ai termini che designano i fenomeni o le proprietà in questione, per es.: p. di ebollizione, v. ebollizione, n. 1; p. di fusione, v. fusione, n. 1 a; p. neutro, di una pila termoelettrica, v. neutro, n. 2 b; p. nodale, con varie accezioni, v. nodale; p. di rugiada, v. rugiada, n. 1 b; p. di saturazione, v. saturazione, n. 1 a; p. triplo, v. triplo, ecc. In partic., p. critico, in termodinamica, quel punto del diagramma pressione volume di un gas reale in cui l’isoterma corrispondente alla temperatura critica passa per quel valore della pressione (pressione critica) al di sopra del quale non si può più avere la liquefazione del gas reale. Per estens., con sign. meno tecnico e frequente nella lingua comune, con riferimento a un diagramma cromatico, p. di colore, sfumatura o tonalità particolare di un dato colore: è un bel p. di verde; un p. di giallo molto pallido, e sim. 9. Per estens. dei sign. precedenti, nel linguaggio com., momento, istante, variamente determinato, di una generica o precisa progressione nel tempo: Tant’era pien di sonno a quel punto Che la verace via abbandonai (Dante); a quel p. s’udì un grido; a un certo p., mi sentii addosso una gran stanchezza; in p. di morte, negli ultimi istanti di vita; essere sul p. di ..., stare per fare qualcosa. Con riferimento allo svolgersi di un’azione, di un’operazione, alle successive e progressive fasi di un’attività: a che p. siamo (del film, della partita, delle trattative, o del cammino, del viaggio, ecc.)?; il lavoro è già a buon p., è già ben avviato, o ha progredito in modo soddisfacente. Con riferimento a una progressione ideale, e più astratta, termine, limite: ne sono persuaso, ma fino a un certo p.; lo sapevo opportunista, ma non fino a questo p.; a questo p. dunque siamo arrivati! 10. Locuzioni avv.: a. In punto, rispetto al tempo, esattamente: arrivare in p., al momento preciso; sono le otto in p., le otto precise. Con altro sign., letter., in ordine, in assetto completo: Veste le membra dell’usate spoglie, E tosto appar di tutte l’armi in p. (T. Tasso); anche in tutto punto: e a tutti impone Di porsi in tutto p. (V. Monti). Con sign. affine, di tutto p., in espressioni come essere vestito, armato di tutto p.; un appartamento arredato di tutto p., e sim. b. In un punto, in un solo istante: per non perdere in un p. quel che in molti anni mi parea avere con industriosa fatica racquistato (Sannazzaro), o nello stesso momento, contemporaneamente, insieme: arrivarono tutti e due in un p.; Felice io sono e misero in un p. (Alfieri). c. Con riferimento alle circostanze del momento: arrivare a buon p., a mal punto (o anche in buon punto, in mal punto), in momento opportuno o inopportuno, ma nell’uso ant. si disse a mal p. alludendo alla posizione o punto di un astro, secondo l’astrologia: in che mal’ora nacqui, in che mal p. ci venni (Boccaccio). d. A punto, nell’espressione mettere a p. un motore, una macchina, in sede di collaudo, metterla nelle condizioni migliori perché possa funzionare; fig., mettere a p. una questione, precisarne i termini (per messa a p., v. messa2, n. 1 a). Assol. a punto (e anche a puntino, a un puntino), ant. per punto, con esattezza e proprietà; più frequenti le grafie unite: v. appunto1, appuntino. e. Per la locuz. di punto in bianco, v. sopra, al n. 5 e. 11. In metrologia: a. Antica unità di misura di lunghezza, usata in varî paesi, pari alla dodicesima parte della linea. b. Unità di misura di lunghezza usata in tipografia (propriam. p. tipografico) per il materiale di composizione, equivalente a un dodicesimo di riga, ossia, nel sistema metrico decimale, a 0,376 mm; viene espressa in punti tipografici anche l’altezza del carattere (corpo), comprensiva delle parti ascendenti e discendenti. 12. Per l’uso avverbiale e aggettivale del sost. punto, proprio dell’uso tosc., v. la voce. ◆ Dim. puntino (v.), puntolino (solo come punto di cucito, segno grafico, macchiolina e sim.); spreg., non com., punterèllo (come punto di merito, raram. in altre accezioni); pegg. puntàccio (soprattutto con riferimento alle votazioni scolastiche).