raccapezzare
v. tr. [der. del lat. capĭtium «estremità»; cfr. capezzo, accapezzare] (io raccapézzo, ecc.). – 1. a. Ritrovare e mettere insieme con una certa diligenza e fatica: r. denari, notizie, esempî, voti, idee; ottenere con stento qualche cosa di poca entità o di valore insufficiente: lavora tanto e raccapezza appena di che vivere; non ho raccapezzato che vaghe promesse. b. Trovare, per lo più casualmente o a fatica: aveva seco una ragazza americana, raccapezzata chi sa dove (E. Cecchi); finalmente riuscii a r. la strada giusta. In partic., e più com., riuscire a intendere: r. il senso di uno scritto; mi fece un discorso così sconclusionato che non ci raccapezzai nulla; venire a sapere, scoprire: mio padre m’ha spedito a r. che diamine si vadano macchinando questi furfanti degli uomini (Leopardi); Le spie del luogo avean raccapezzato Non si sa come, un che di quel ritrovo (Giusti). Molto com. l’intr. pron. raccapezzarsi, riuscire a capire, a spiegarsi qualche cosa, venirne a capo, soprattutto in frasi di senso negativo: non mi raccapezzo più dove siamo; con tutte queste notizie contrastanti non riesco a raccapezzarmi di come stiano veramente i fatti; anche in usi assol.: con questa confusione non mi raccapezzo più; il controllo durò un po’ più del solito, perché il rappresentante, colto in mezzo al sonno, tardò a raccapezzarsi, a trovare il biglietto (I. Calvino). 2. ant. Accomodare, aggiustare (una faccenda, una questione, ecc.): sarebbeci modo a raccapezzare questa cosa, e che noi non ci facessimo tenere pazzi? (Machiavelli).