razza
s. f. [dal fr. ant. haraz «allevamento di cavalli», prob. attraverso un’agglutinazione e falsa deglutinazione dell’articolo: l’arazz, da cui la razz(a)]. – 1. a. In biologia, popolazione o insieme di popolazioni di una specie che condividono caratteristiche morfologiche, genetiche, ecologiche o fisiologiche differenti da quelle di altre popolazioni della stessa specie: l’esistenza di razze in una specie è indice della presenza di fenomeni di divergenza intraspecifica, spesso determinati da isolamento geografico prolungato nel tempo (come nel caso delle popolazioni che vivono su isole). Da un punto di vista sistematico, la razza si identifica con la sottospecie (o r. geografica); in base alle principali caratteristiche discriminanti, si parla di r. ecologica (o ecotipo) quando esistono evidenti adattamenti specifici a condizioni ambientali locali (fenomeno diffuso nelle piante), e di r. cromosomica quando popolazioni localizzate presentano assetti cariotipici particolari. b. In zootecnia e agronomia, categoria di animali domestici o di piante (per es. di cavalli, cani, buoi, pecore, fiori, ortaggi, cereali, ecc.) che comprende gli individui in cui, tramite selezione artificiale, sono stati fissati caratteri ereditarî (o combinazioni di essi) tali per cui risultino espresse nel fenotipo le volute caratteristiche produttive (r. da carne, da lana, da latte, ecc., detto per es. di ovini), estetiche o di altro tipo. c. Con riferimento al maggiore o minore grado di purezza con cui si presentano i caratteri tipici di una razza animale: r. pura, r. imbastardita; r. in via di estinzione; miglioramento della r., per mezzo di ulteriore selezione; bestia da razza (detta anche razzatore o riproduttore), destinata per le sue qualità al compito della riproduzione (così passare in r. si dice, nel linguaggio sport., di un cane o di un cavallo che viene utilizzato per la riproduzione dopo avere concluso l’attività agonistica); animale di r. pregiata (o semplicem. animale di razza), che ha particolare pregio per la purezza o la rarità della razza; in partic., cavallo di razza, com. anche in senso fig., riferito a persona con alte qualità specifiche nell’attività professionale, artistica, politica, ecc. d. Nell’antropologia fisica del 19° sec. e dei primi decenni del 20°, popolazione o gruppo di popolazioni che presentano particolari caratteri fenotipici comuni (colorito della pelle, tipo dei capelli, forma del viso, del naso, degli occhi, ecc.), indipendentemente da nazionalità, lingua, costumi (per es., r. bianca, gialla, nera; r. australiana, sudanese, nilotica, ecc.). Tale suddivisione della specie umana ha costituito il preteso fondamento scientifico per una concezione delle r. umane come gruppi intrinsecamente differenti e da porre in rapporto gerarchico l’uno rispetto all’altro; in partic., con riferimento ai principî e alla prassi del nazifascismo, e più in generale di ogni forma di razzismo: le r. inferiori, superiori; la difesa della r. (ariana, bianca); discriminazioni di razza. Oggi il concetto di razza umana è considerato destituito di validità scientifica, dacché l’antropologia fisica e l’evoluzionismo hanno dimostrato che non esistono gruppi razziali fissi o discontinui. 2. Con sign. più ristretto, stirpe, famiglia, discendenza: anche lui è di costituzione debole, come tutta la sua r.; siamo una r. di persone perbene; uomo di buona, di nobile r., o semplicem., di r., spec. nelle frasi gentiluomo, signora, donna di r., che conserva nella fisionomia e nel tratto l’impronta della discendenza, della famiglia a cui appartiene (quindi la locuz. agg. di razza assume talora anche un più generico senso elogiativo in espressioni come uno scrittore, un pugile, un corridore di r.); fare razza, riprodursi, detto in partic. di animali: i muli non fanno r.; e riferito a persone, in usi estens. e fig.: gli abitanti di quel paese isolato fanno razza solo tra loro; è un individuo che fa razza a sé (o, più raram., da sé); è gente che non fa razza con nessuno, che non cerca, o rifiuta, compagnie e amicizie, contatti con estranei. 3. Specie, sorta, qualità: mi ha imbandito un pranzo con cibi di ogni razza; molto più com. in senso negativo e polemico a indicare persone o cose che si distinguano per qualche aspetto deteriore, spregevole: ma di che r. è codesta gente?; non voglio più leggere giornali di questa r.; Cortigiani, vil r. dannata, verso dell’atto II, scena IV del Rigoletto (melodramma di G. Verdi su libretto di F. M. Piave), divenuto proverbiale. Seguìto dalla prep. di, con senso più genericam. spregiativo: con che r. di persone siamo capitati!; non voglio aver niente a che fare con quella r. di imbecilli che tu frequenti; r. di vipere, epiteto spreg. rivolto spesso negli Evangeli ai Farisei; che r. di sciocchezze stai dicendo?; non c’è da star tranquilli, con questa r. di stagione! (Bacchelli); spesso in espressioni d’insulto: r. di stupido!; r. di cretino che non sei altro! ◆ Pegg. razzàccia, usato per lo più in senso figurato.