redimere
redìmere v. tr. [dal lat. redimĕre, comp. di red- e emĕre «acquistare»] (pass. rem. redènsi, redimésti, ecc.; part. pass. redènto). – 1. Riscattare, liberare; con valore generico, proprio o fig., è del linguaggio letter. o elevato: [l’Italia] prega Dio che le mandi qualcuno che la redima da queste crudeltà (Machiavelli); r. dalla schiavitù, dalla tirannia, dal servaggio straniero; r. un popolo oppresso, le classi diseredate, una ragazza traviata (anche nel rifl.: redimersi dalla schiavitù, dal vizio); r. dalla malaria una zona paludosa. 2. Con senso specifico, nell’uso religioso e in partic. cristiano, liberare dal peccato, dalla condizione terrena di sofferenza e di imperfezione: Cristo si è sacrificato sulla croce per r. tutta l’umanità; e in quello finanziario (tuttavia ormai raro) di rimborsare, estinguere, ammortizzare un debito o una passività (cfr. l’uso, più frequente, dell’agg. redimibile). ◆ Part. pass. redènto, usato anche come agg. negli usi proprî e fig.: si rimandi la fatal donzella Non redenta né compra al padre amato (V. Monti); popoli redenti a libertà; e assol.: le province, le città redente, tolte alla dominazione straniera; l’Agro redento, espressione con cui si è spesso indicato l’Agro Pontino, le cui paludi sono state risanate, con un’ingente opera di bonifica, soprattutto nel 4° decennio del sec. 20°.