regola
règola s. f. [dal lat. regŭla (der. di regĕre, propr. «guidare diritto»), che significò dapprima «assicella di legno, regolo» e per traslato «regola, norma»; cfr. regolo1 e, per l’analogia del passaggio semantico, canone]. – 1. Modo di svolgersi ordinato e costante che si riscontra nella quasi totalità di alcuni fatti, nel campo della natura o dell’agire umano: fatti che si svolgono secondo una r., senza una r. fissa; l’enunciazione di tale modo, che può o deve essere presa come norma in casi consimili; precetto, formula che indica e prescrive ciò che deve farsi in determinati casi: stabilire, insegnare, osservare una r.; attenersi a una r. (il termine ha sempre valore più pratico e meno assoluto di legge); eccezione alla r., fatto che si sottrae alla norma: non c’è r. senza eccezione, l’eccezione conferma la r., frasi proverbiali; questo non fa r., di fatto che non può assumersi a norma di altri. In partic.: a. Nel linguaggio scient., metodo pratico per la risoluzione di taluni problemi, soprattutto matematici: r. del tre semplice, del tre composto; r. per l’estrazione di radice; r. di derivazione, di integrazione; ovvero per l’applicazione o l’interpretazione di certe leggi fisiche: r. delle tre dita, r. del cavatappi, r. delle fasi, r. d’oro; nell’uso grammaticale: le r. della grammatica, della sintassi; le r. delle concordanze, del discorso indiretto; nel diritto romano e medievale, regola di diritto (in lat. regula iuris), norma, ritenuta valida in ogni situazione e vincolante, formulata con un processo logico di astrazione sulla base della tradizione e dell’esperienza; in architettura, con sign. più vicino all’etimologico, si dissero regole, dai trattatisti del Rinascimento, i canoni architettonici fissati nei loro trattati d’architettura per le varie parti degli edifici e soprattutto degli ordini architettonici classici; in musica, r. dell’ottava, procedimento teorico e didattico in uso a partire dal sec. 17° che prescriveva l’esecuzione di determinati accordi (di tonica, sottodominante e dominante) nell’armonizzazione di ciascun grado della scala maggiore e minore. In alcuni casi (con sign. più vicino a quello di legge), il termine indica l’enunciazione della regolarità con cui si manifestano, in determinate circostanze, certi fenomeni: così, in zoologia, r. di Allen, principio generale secondo cui le estremità del corpo dei mammiferi (orecchie, arti, coda) tendono, nell’ambito della stessa categoria tassonomica, a essere relativamente più corte a latitudini e altitudini superiori, dove il clima è più freddo; r. di Bergmann, principio generale secondo il quale la corporatura dei mammiferi tende, nell’ambito della stessa categoria sistematica, a essere relativamente più grande con l’aumentare della latitudine e dell’altitudine. b. Nell’uso comune, norma suggerita dall’esperienza o stabilita per convenzione: le r. del gioco; una cosa fatta secondo le r. dell’arte, con riferimento a lavori di artigianato; e analogam., fatto a regola d’arte, secondo le r., con tutte le r. (anche in usi estens. e fig.); con riferimento al modo di vivere, di comportarsi, sia individualmente sia nella vita associata: una buona r. di vita; mangiare, bere senza r.; rispondere al saluto è buona r. di educazione; è r. di prudenza, ecc.; tutto questo vi serva di r.; per vostra r. (più forte, per vostra norma e r.), avvisando qualcuno, in tono piuttosto risentito, di ciò che dovrebbe fare, dire o pensare. In talune frasi, il sign. si avvicina a quello di ordine, di disposizione ordinata: tutto era messo in mostra con una certa r.; oggetti gettati qua e là senza r.; piova Etterna, maladetta, fredda e greve; Regola e qualità mai non l’è nova (Dante). c. Nel recente linguaggio politico, tavolo delle r. (dove tavolo è inteso come il luogo dove più persone si riuniscono per discutere e cercare un accordo), espressione introdotta e largamente diffusa dalla stampa e dagli altri mezzi di comunicazione per indicare le trattative con cui forze politiche e parti sociali contrapposte studiano (o sono invitate a studiare) il modo per riformare alcune delle norme secondo le quali sono regolate le fondamentali istituzioni del Paese. d. Locuzioni avv.: di regola, normalmente, di solito, nella grande maggioranza dei casi: si prendano alcune carte, di r. tre ...; in regola, in ordine, nelle condizioni e disposizioni prescritte: tenere i quaderni, i conti, le carte in r.; avere le carte in r., avere i documenti richiesti, e fig. avere i requisiti necessarî per qualche cosa; mettere in r. le proprie cose, mettere ordine nei proprî affari; essere, mettersi in r. con la legge, con la propria coscienza, con la Chiesa, con Dio; essere, mettersi in r. con qualcuno, dargli il dovuto, fare quanto è necessario per soddisfarlo. Nell’uso finanziario e bancario, titoli in r., titoli pubblici o privati muniti di cedola d’interesse o di dividendo in corso di maturazione; in regola, clausola apposta su un effetto scontato per indicare che, in previsione che l’effetto non venga pagato alla scadenza, è stato redatto il conto di ritorno di tutte le spese sostenute e reclamate e delle competenze della banca. 2. a. Nella tradizione cristiana, il complesso di norme con le quali è organizzata, per il raggiungimento della perfezione spirituale, la vita individuale e collettiva di una comunità religiosa (e, per estens., la comunità o l’ordine stessi): la r. benedettina, di s. Agostino, francescana, nella Chiesa occidentale; la r. basiliana, nella Chiesa greca. b. Nell’uso giur. medievale (che sopravvive in alcune valli del Trentino-Alto Adige), l’accordo consortile con cui un complesso di terreni viene assegnato, mediante sorteggio, ai privati per il pascolo. Con sign. più ampio (per cui v. anche favola2 e regolano), l’organizzazione stessa di queste comunità consortili e dei quartieri che le compongono, e lo statuto che ne regola i rapporti (carta di regola). 3. Nel plur., regole, sinon. fam. di mestruazioni (per riferimento alla loro periodicità): avere le r., le proprie regole. ◆ Dim. regolétta, regolina; spreg. regolùccia e regoluzza; pegg. regolàccia.