reprimere
reprìmere v. tr. [dal lat. reprimĕre, comp. di re- e premĕre «premere, comprimere»] (pass. rem. reprèssi, reprimésti, ecc.; part. pass. reprèsso). – 1. Impedire che si manifesti una propria reazione fisica o psichica, un moto istintivo o un impulso, un sentimento proprio: represse a stento un grido di dolore, le lacrime; non poté r. un moto di stizza, un fremito d’orrore; r. il riso; r. la collera, la rabbia, l’ira, lo sdegno, l’irritazione, la passione, la gelosia; r. l’impeto, l’istinto naturale; nel rifl., trattenersi, controllarsi, dominando i proprî impulsi: scusami se ti ho offeso, non ho saputo reprimermi. Più raram., riferito ad altre persone: r. la iattanza, la presunzione altrui; la marchesana di Monferrato ... reprime il folle amore del re di Francia (Boccaccio). 2. In senso sociale e politico, frenare, impedire con mezzi coercitivi movimenti che tendano a sovvertire un ordine che si vuole mantenere e difendere: r. una sollevazione, un tumulto, una congiura, una ribellione; i moti liberali furono repressi sanguinosamente; è meglio prevenire che r.; la polizia è riuscita a r. l’agitazione. ◆ Part. pass. reprèsso, anche come agg. e sost. (v. la voce).