restanza
(Restanza) s. f. 1. In senso proprio e figurato, ciò che resta e permane; anche, ciò che avanza o non si consuma. 2. Negli studi antropologici, con particolare riferimento alla condizione problematica del Sud d’Italia, la posizione di chi decide di restare, rinunciando a recidere il legame con la propria terra e comunità d’origine non per rassegnazione, ma con un atteggiamento propositivo. ◆ Il professor Vito Teti, nel suo recentissimo Pietre di pane. Un’antropologia del restare, analizza splendidamente (e come scrive!) questo trascuratissimo fenomeno, la Restanza, la crescente tribù di quelli che restano. (Pino Aprile, Giù al Sud. Perché i terroni salveranno l’Italia, 2011, p. 194) • [tit.] La “restanza” della fede [testo] Partendo da un neologismo coniato dal Censis, mons. Pompili riflette sull'agenda della Chiesa Italiana per il 2013. “Nelle congiunture problematiche, - spiega - resta ciò che regge all’urto del cambiamento. Il che non ha un valore minimale, ma esprime appunto la linea di forza su cui stare, per non essere sopraffatti”. (Comunicazionisociali.chiesacattolica.it, 7 aprile 2013) • Sembrano, infatti, non avere dubbi gli abitanti di Amatrice, Arquata, Pescara del Tronto e degli altri paesi distrutti e cancellati dal terremoto. A sentire le loro prime sommesse e dolenti voci, l’intenzione è quella di «restare» nei luoghi in cui sono nati e vissuti, anche se ridotti in macerie, e di non spostarsi altrove, nemmeno in posti vicini. La vicenda dell’Aquila e della dispersione della città hanno inciso sulla resistenza tenace a qualsiasi proposta di ricostruire altrove. Ma certamente in questa scelta di «restanza», in nome di un’appartenenza e di un radicamento al luogo inteso in senso antropologico, gioca un ruolo non secondario il recente affermarsi di una sorta di «resilienza ai disastri» e – bisogna auspicarlo e sperarlo in questo caso – il rifiuto di modificazioni traumatiche e anche di scelte assistenziali e di interventi imposti dall’alto e quasi mai portati a buon termine. (Vito Teti, Doppiozero.it, 6 settembre 2016, Il terremoto, la ricostruzione e l’anima dei luoghi).
Derivato del v. restare.
Sia nell’accezione di ‘ciò che resta, avanza’ che in quella, generica, di ‘soggiorno in un luogo’, la parola ha isolate attestazioni trecentesche.