riaprire
v. tr. [comp. di ri- e aprire] (coniug. come aprire). – 1. Aprire di nuovo: r. la porta, la finestra, le imposte, una cassa, un cassetto, l’armadio, il rubinetto dell’acqua. Locuz. particolari: r. gli occhi, di chi è addormentato o svenuto (o fig. di chi, dopo un periodo di illusione, riacquista la nozione della realtà); r. la bocca, per parlare o gridare; r. la piaga, la ferita, in senso fig., rinnovare una memoria dolorosa. 2. Di istituti, pubblici esercizî, luoghi aperti al pubblico, o destinati a funzioni politiche o amministrative o di trattenimento, aprirli in modo che incomincino di nuovo a essere frequentati o a funzionare: r. le scuole, una via, un ponte, i giardini pubblici, il museo civico; r. un ristorante, un’agenzia; r. bottega, rimettere su il negozio chiuso per fallimento o per altra ragione; r. la Camera, il Senato, il tribunale, gli uffici postali, la banca, il teatro. 3. fig. Dare nuovo inizio, dopo una interruzione: r. le iscrizioni a un corso, a una gara; r. il dibattito; il presidente interruppe la seduta e la riaprì due ore dopo; riaperta la discussione, chiese la parola uno degli intervenuti. Anche, riavviare, dare nuovo corso a un procedimento che era stato dichiarato concluso: r. un’inchiesta; r. un’istruzione penale (v. riapertura). 4. intr. pron. Aprirsi di nuovo: l’uscio si riaprì silenziosamente; spesso con valore passivo: domani si riaprono le scuole; le iscrizioni si riapriranno il 20 giugno. Con quest’ultima accezione, è frequente nell’uso anche come intr. assol. (aus. avere): il cinema è chiuso per restauro e riaprirà all’inizio del mese prossimo.