ribaldo
(ant. rubaldo) s. m. e agg. [dal provenz. e fr. ant. ribaud, der. del germ. hrība «prostituta»; cfr. il ted. mod. reiben]. – 1. s. m. a. Negli eserciti medievali, erano così chiamati i soldati, di umile condizione, ai quali era affidato il compito di dare inizio alla battaglia, o che andavano saccheggiando al seguito dei cavalieri, e anche i servi, i predatori, la folla e tutti i non combattenti che, seguendo le milizie, riuscivano a entrare negli accampamenti. b. ant. Chi vive alla giornata, di ruberie, imbrogli e altre attività disoneste: Mia madre ... Che m’avea generato d’un ribaldo, Distruggitor di sé e di sue cose (Dante); uomo di bassa condizione, straccione: che ne fareste voi più, se egli a un villano, a un ribaldo, a un servo data l’avesse? (Boccaccio). c. Briccone, birbone, scellerato: guàrdati da quel r.; una compagnia, una combriccola di ribaldi; razza di ribaldi; con sign. attenuato o scherz.: me l’hai fatta, r. che non sei altro. 2. agg., letter. Di, da ribaldo: non far caso dell’intimazione ribalda, né delle minacce (Manzoni); talora per esprimere, in tono energicamente o ironicamente sprezzante, un giudizio di biasimo su opere e lavori mal fatti: che musica r.!; versi r.; chi sarà l’autore di questo ribaldissimo progetto? ◆ Dim. ribaldèllo, ribaldino; pegg. ribaldàccio; accr., ant., ribaldóne con il pegg. ribaldonàccio.