ricco. Finestra di approfondimento
Gradi di ricchezza - Numerosi agg. ed espressioni si riferiscono a chi ha molti soldi. R. è l’agg. più com., mentre facoltoso è formale, danaroso è abbastanza raro e spesso iron., dovizioso è lett.: trentatré anni, facoltoso, elegante, non privo di spirito (L. Pirandello); don Blasco era il primo Uzeda danaroso che se ne andava (F. De Roberto). Talora, nelle società ricche, il riferimento esplicito ai soldi è considerato poco elegante, perché troppo legato alla sfera pratica dell’esistenza, e quindi a r. vengono preferiti termini meno diretti, in un certo senso usati come eufem., come benestante e i più formali abbiente e agiato: siete solo, siete giovane, benestante, perché ricusate un accasamento, che torni comodo alla vostra costituzione? (C. Goldoni); l’impresa fu finanziata dai cittadini più abbienti; quartieri delle classi agiate. Per i gradi più intensi, oltre a ricchissimo si dispone dei più specifici e diretti milionario e miliardario o il pop. ricco sfondato. Talvolta, nel registro fam., si ricorre anche all’antonomasia, per qualificare persone molto ricche. Si va dai personaggi mitologici (Creso, Mida) ai moderni ricchi: Onassis (nome di un armatore greco molto famoso negli anni Sessanta del Novecento: ha un conto in banca da Onassis), zio Paperone (dal personaggio dei fumetti: quell’industriale è diventato zio Paperone), Rockefeller (ricchissima famiglia americana) e altri via via più recenti. Il sost. riccone designa una persona molto ricca, talora con una punta di ironia o di disprezzo («persona che pensa solo ai soldi» e sim.): verrà anche Maria con quel riccone di suo marito.
Espressioni e usi spregiativi - Tipiche dell’uso fam. sono alcune espressioni per designare le persone ricche. Alcune accentuano, con metafore, l’aspetto della ricchezza sovrabbondante (navigare o nuotare o vivere nell’oro; trasformare in oro tutto quel che si tocca), altre invece l’attenuano, non nominandola mai direttamente, secondo le solite esigenze eufem.: avere i mezzi; non passarsela male; passarsela bene; stare bene; non avere problemi e sim. (suo padre non se la passa male: ha appena comprato una casa da un milione di euro). D’uso ancora più fam. sono le espressioni, spesso scherz., iron. o spreg., vivere da signore,fare il signore o il signorino, vivere come un pascià o come un nababbo e sim. Si ricordi però che, in genere usato come assol., il sost. signore (come il femminile signora) viene utilizzato per designare una persona dai modi eleganti e dalle buone maniere, per lo più colta e generosa, indipendentemente, e anzi spesso con netta distinzione, dal livello economico: non bastano i soldi a fare un signore; è povera ma è una vera signora. All’opposto del signore c’è l’arricchito, o neoricco, ovvero una persona che si è arricchita rapidamente, elevandosi così a una condizione sociale superiore, senza avere tuttavia acquistato le maniere adeguate al nuovo stato. Un sinonimo più formale è il francese parvenu, mentre del registro pop. è pidocchio o villano rifatto: si dà tante arie ma è solo un villano rifatto.
Contrari - Povero è il contr. più com. di ricco. Anche per povero si hanno molti sinon., ancora più numerosi e pieni di sfumature rispetto a ricco. Più formale è misero, mentre ant. e lett., in quest’accezione, è meschino: soccorrere i miseri. Miserabile, con i più formali miserando e miserevole, hanno un campo semantico più ampio e si riferiscono, tra l’altro, a persona talmente povera (e, più in generale, sfortunata, con gravi problemi e sim.) da destare compassione: come si può far pagare gli interessi a quel miserabile? Di sign. sim. è poveraccio (o disgraziato,poveretto, povero diavolo, povero cristo, poveruomo, sventurato), persona che è caduta in condizioni di estrema povertà e che per questo suscita compassione: è solo un povero cristo che fatica a campare. Si noti che anche povero e misero possono essere usati in senso estens. come «sventurato, che suscita pietà» e sim., anche come interiez.: povero me!; me misero! Chi è poverissimo è detto nullatenente: vive da nullatenente. Vari termini dell’uso fam. designano una persona poverissima: pezzente e morto di fame hanno una connotazione spreg., e si riferiscono talvolta non soltanto a chi è povero ma anche a chi non vuole spendere e preferisce far spendere gli altri: quel morto di fame non ha mai offerto neppure un caffè durante tutta la vacanza. Analogo è pitocco, che letteralm. designa una persona che chiede l’elemosina, ma talora è un sinon. marcato di tirchio. Fam. ma non spreg. è squattrinato: esce con un ragazzotto squattrinato. Sim. è spiantato, che però può anche riferirsi a chi era ricco un tempo e poi ha perso tutto: un nobile spiantato. Uno straccione è una persona poverissima e, per questo, vestita malissimo, che vive per lo più in strada. Analoghi sono accattone e il più formale mendicante, che indicano persone povere che chiedono l’elemosina. Barbone e senzatetto possono essere sinon. sia di straccione sia di mendicante. Molte espressioni indicano l’essere povero: essere sul lastrico,essere al verde, fam. non avere una lira, pop. non avere neanche gli occhi per piangere e sim.
Eufemismi - Numerosi eufem. sono impiegati per designare le persone povere, con l’evidente intento scaramantico di mascherare i lati spiacevoli della realtà. Per questo, a povero si preferisce spesso bisognoso (o chi ha bisogno), o il più formale indigente: erano tutti figli suoi, orfanelli bisognosi (G. Verga); questa donna Lucia non era né indigente né nobile decaduta (F. De Roberto). Proprio del linguaggio burocr. è non abbiente o meno abbiente: favorire il miglioramento delle classi meno abbienti (E. De Marchi). Anche umile, sebbene dal sign. non sovrapponibile a quello di povero, può esserne un sinon. eufem. formale: si vergognava dei suoi umili parenti. Per passare alle espressioni eufem., chi è povero è di bassa estrazione o di modeste condizioni, vive in ristrettezze o, intens., di stenti. Chi attraversa un momentaneo periodo di povertà è in difficoltà, in condizioni di necessità, se la passa male o non se la passa bene; se è un imprenditore e sim., può aver avuto un rovescio economico. Raram. un paese privo di risorse sufficienti per garantire la vita dei suoi abitanti è detto povero, spec. nel linguaggio giorn., bensì arretrato, del terzo o del quarto mondo, depresso, disagiato, in via di sviluppo, sottosviluppato, svantaggiato: i paesi industrializzati affamano i paesi sottosviluppati.