zero
żèro agg. e s. m. [dal lat. mediev. zèphyrum, adattam. (Leonardo Fibonacci nel Liber abbaci, 1202) dell’arabo ṣifr «nulla, zero», calco del sanscr. śūnyá «vuoto» e poi «zero» (v. anche cifra)]. [...] ’opposizione con altre forme in cui esiste un morfema (per es., in lat., fer, che si individua come 2a pers. sing. dell’imperativo di ferre solo in quanto si oppone alle altre forme del verbo dotate di morfema, come, appunto, l’infinito ferre, e fers ...
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giovanpaolino
agg. Di Giovanni Paolo II, papa (1920-2005). ◆ L’Italia è il teatro mobile e barocco di questa deriva [oceanica del pensiero e del modo di vita occidentale], un paese informale e libero, [...] con il suo proprio vuoto, con la sua comprensibile eppure inane genuflessione pastorale ai segni dei tempi e al loro carattere imperativo. (Foglio, 11 maggio 2005, p. 3).
Derivato dal nome proprio Giovanni Paolo II con l’aggiunta del suffisso -ino2 ...
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dagli2
dagli2 (pop. dalli) verbo e interiez. – Forma composta dell’imperativo di dare (da’ o dà) e gli (= a lui); è scritta spesso con l’accento, dàgli, per evitare equivoco con dagli preposizione: dàgli [...] un po’ di pane. Frequente come esclam., per incitare a dare addosso, a correre dietro a qualcuno: dàgli al ladro!; dàgli a quel cagnaccio!; l’untore! dagli! dagli! dagli all’untore! (Manzoni). Anche: e ...
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sopracciglio
sopraccìglio s. m. [comp. di sopra- e ciglio, sul modello del lat. supercilium] (pl. sopraccigli e anche le sopraccìglia, femm.). – 1. Ognuno dei due rilievi arcuati esistenti in corrispondenza [...] i s. folti, radi, biondi, bruni; depilarsi le sopracciglia; mi sorse nettamente negli occhi il volto dalle grandi sopracciglia e dalle labbra pallide (G. Cena). 2. fig., letter. Cipiglio, grinta: con tono imperativo e con s. minaccioso (Manzoni). ...
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categorico
categòrico agg. [dal lat. tardo categorĭcus, gr. κατηγορικός] (pl. m. -ci). – 1. Di categoria, relativo a categorie nel sign. filosofico; il termine, che in Aristotele significava semplicem. [...] contenenti un’asserzione (giudizio c.), sia, per analogia, a una morale assoluta, non subordinata cioè ad alcuna condizione (imperativo c.). 2. In logica matematica e in algebra, teoria c., teoria i cui modelli sono tutti fra loro isomorfi ...
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apostrofo
apòstrofo s. m. [dal lat. tardo apostrŏphus, gr. ἀπόστροϕος, propr. «vòlto indietro», der. di ἀποστρέϕω «volgere altrove»]. – Segno grafico in forma di virgoletta (’), che nell’ortografia italiana [...] ’vi per andaivi, nel tipo ver’ per verso, nel tipo fior’ per fiori (ma fior per fiore), nel tipo pon’ per poni imperativo (ma pon per poni indicativo). L’uso dell’apostrofo in fin di riga è comunem. considerato errore, sul fondamento d’una regola più ...
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finito
agg. [part. pass. di finire]. – 1. a. Giunto o condotto a termine, compiuto: arrivare a spettacolo f.; sono ormai due anni f. che ha lasciato il paese. Frequente nell’uso fam. la locuz. farla [...] ), smettere o far cessare bruscamente cosa molesta: è l’ora di farla f. con queste stupide storie; in modi imperativi: facciamola f.!; fatela f.!; con accezioni partic., farla f. (con la vita), uccidersi; farla f. con qualcuno, impedirgli di ...
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scena
scèna s. f. [dal lat. scaena, gr. σκηνή «tenda, fondale del palcoscenico»]. – 1. a. Parte del teatro dove gli attori recitano; è costituita generalm. da una piattaforma sopraelevata rispetto al [...] fig., fare sc. muta, non rispondere, non aprire bocca, restare zitto, spec. durante un’interrogazione, un esame). In tono imperativo, scena!, esclam. con la quale il regista invita a cominciare l’azione. b. Una delle varie vicende che si succedono in ...
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trasposizione
traspoṡizióne s. f. [der. di trasporre]. – L’azione e l’operazione di trasporre, il fatto di venire trasposto, come mutamento reciproco di posto tra due o più elementi o parti di un insieme. [...] il gruppo me lo che, unito a un infinito, è di norma enclitico (devi dirmelo), diventa proclitico nell’imperativo negativo (non me lo dire!). 2. a. In elettrotecnica, nelle linee elettriche trifase con conduttori disposti orizzontalmente, rotazione ...
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sentire
v. tr. [lat. sĕntire] (io sènto, ecc.). – In senso ampio, avvertire un qualsiasi stato di coscienza indotto in noi dal mondo esterno attraverso i sensi o un qualsiasi stato affettivo insorgente [...] a dare ascolto a chi insiste per dirci qualche cosa; suvvia, sentiamo!, incoraggiando a parlare; e nella seconda persona dell’imperativo, per fermare l’attenzione altrui, per richiamare o fermare chi s’allontana: sentite ora ciò ch’è successo; sta’ a ...
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Nel linguaggio filosofico, proposizione che esprime un comando o una norma di azione. I. Kant distingue tra i. categorico e i. ipotetico: il primo indica un comando assoluto e incondizionato, mentre nel secondo il comando si fonda su un'ipotesi...
IMPERATIVO
Guido Calogero
Filosofia. - Termine designante la formula a cui si obbedisce nell'agire pratico, entrato nel linguaggio filosofico principalmente per opera di E. Kant, che la distinzione della "morale autonoma" dalla "morale eteronoma",...