ricevere
ricévere v. tr. [lat. recĭpĕre, comp. di re- e capĕre «prendere»]. – 1. Prendere ciò che viene dato (oppure consegnato, mandato, recapitato, somministrato, trasmesso) o che si porge da sé; è spesso implicita la volontà di accettare, ma non necessariamente (non, per es., in r. un pugno, un danno, un’offesa); è in molti casi affine a avere, ma nel sign. dinamico e non statico di questo verbo, quando esprime cioè il trapasso da chi dà a chi è il termine dell’azione: a. Con compl. ogg. di cose, materiali e non materiali, dovute, desiderate, gradite o comunque non sgradevoli e dannose: r. lo stipendio, la paga, il compenso pattuito; ho già ricevuto un acconto per le prime spese; r. un regalo, molti regali; r. un’eredità; r. un bacio, un abbraccio; r. la vita o r. vita, essere generato, e in uso fig., letter., riacquistare vita, vitalità: Io sentia dentr’al cor già venir meno Gli spirti che da voi ricevon vita (Petrarca). E di cosa che viene non data ma fatta o concessa da altri: r. una visita; r. un beneficio; r. una promessa; r. il giuramento; r. aiuto, materiale o morale; r. una grazia, un favore; per grazia ricevuta, formula che di solito accompagna gli ex voto; r. la benedizione; r. una lezione o delle lezioni, meno com. che prendere, nel senso proprio (v. lezione, n. 2 a) ma com. in senso fig., r. una lezione, una dura lezione, un severo ammaestramento, in conseguenza di un errore commesso, di un comportamento riprovevole, e sim. Di cosa che viene accordata o somministrata con qualche solennità: r. un titolo nobiliare o cavalleresco, r. l’investitura; r. la porpora, la corona; r. i sacramenti, il battesimo, il viatico, gli ordini sacri. b. Di cose spiacevoli, dannose e comunque non cercate e desiderate: r. uno schiaffo, un pugno in un occhio, uno spintone da qualcuno. c. Con un altro complemento, oltre il compl. ogg., che determina il titolo o lo scopo per cui la cosa viene data: r. in consegna, in deposito, in prestito, in pegno; r. in cambio; r. in dono, in regalo; r. in premio; r. in compenso, come stipendio o salario; ho ricevuto in consegna una valigia; ricevette alcuni libri in regalo; ha ricevuto solo un grazie in compenso di tante fatiche. Ma l’uno o l’altro di tali sign. può essere implicito nel verbo anche senza determinazione: il magazziniere sostiene di non aver ricevuto la merce (in consegna, in deposito); per il tuo lavoro, riceverai cento euro (come compenso); ha fatto tanto bene ricevendo (in contraccambio) solo ingratitudine; dichiaro di ricevere, di aver ricevuto la somma di ..., formule usuali nelle ricevute. d. Prendere, avere, ottenere cosa che sia stata spedita, trasmessa, diretta, rivolta: r. un pacco, una lettera, un telegramma (e analogam. una telefonata, un segnale); r. un avviso, una comunicazione; r. un messaggio; r. una buona, una brutta notizia; r. risposta (a una lettera, oppure a una domanda); ricevi tanti saluti, riceva i miei omaggi (nella chiusa delle lettere); r. gli augurî per il compleanno; r. un’invito, un’offerta di lavoro, una proposta di matrimonio; r. un ordine, un incarico (e specificando: r. l’ordine di recarsi ...; r. l’incarico di costituire il governo); non ho ancora ricevuto istruzioni in proposito; r. continue osservazioni, continui rimproveri. e. Nel linguaggio tecnico (in contrapposizione a trasmettere), captare energia emessa da una sorgente: la Terra riceve energia elettromagnetica dal Sole; antenna direzionale che riceve nella direzione N-S. Con sign. più partic., nelle telecomunicazioni, captare ed eventualmente rivelare segnali (telegrafici, telefonici, radioelettrici, ecc.) trasmessi da un posto trasmittente: apparecchio (telegrafo, telefono, radioricevitore, televisore, ecc.) che riceve bene, male (i segnali); la mia radio riceve anche le onde corte e cortissime. f. Nel linguaggio sportivo, prendere la palla lanciata da un altro giocatore: r. la palla in area di rigore; r. il passaggio. 2. a. Accogliere qualcuno. Indicando il luogo dove si fa entrare e sostare la persona: l’ha ricevuto in casa, nel salotto, nel suo studio, in ufficio; e precisando il modo: r. a braccia aperte, con molte feste, familiarmente, con cordialità, alla buona, con tutti gli onori; con il sign. più specifico di ospitare: venne il discreto siniscalco e loro con preziosissimi confetti e ottimi vini ricevette e riconfortò (Boccaccio); e di ammettere, accogliere: essere ricevuto in collegio, in convento, in un istituto; r. qualcuno nella propria squadra; aspirare a essere ricevuto come socio in un circolo, in un’accademia. Usato assol., ammettere alla propria presenza, far entrare in casa o nel proprio ufficio chi viene in visita o chiede di conferire: il direttore la riceverà subito; il presidente è in riunione e non può r. nessuno; il padre stesso si è rifiutato di riceverlo; la signora si scusa ma non può riceverla. In partic., di funzionarî o di professionisti che accolgono in visita o in udienza in ore stabilite: r. i clienti, il pubblico; il dottore riceve dalle 10 alle 19; l’avvocato riceve solo la mattina; con riferimento a visite ufficiali, a ricevimenti solenni, a riunioni di amichevole intrattenimento: il capo dello stato ha ricevuto il ministro degli Esteri. b. Accogliere andando incontro, fare onorevole o cordiale accoglienza: la giunta al completo con il sindaco andò a r. alla stazione l’illustre concittadino; all’aeroporto c’erano a riceverlo tutti i suoi vecchi amici; mi vide arrivare da lontano, e scese fino in giardino a ricevermi; iron.: lo riceverò io come si merita! c. fig., ant. o raro. Ammettere approvando, riconoscendo giusto o vero o buono (in questa accezione, quasi esclusivam. nel part. pass.). 3. a. Accogliere, ammettere in sé per trattenere o contenere; recepire: Caccianli i ciel per non esser men belli, Né lo profondo inferno li riceve (Dante); è un salone che può r. fino a 300 persone; più spesso, in frasi negative: stoffa che non riceve la tinta; intonaco speciale che non riceve l’umidità; il serbatoio non riceve altra acqua, è già pieno; il malato non può r. cibo, in quanto questo gli può provocare il vomito; e analogam.: un medicamento che il mio stomaco non riceve. b. Prendere, avere, di cose che arrivano o derivano dall’esterno: il fiume riceve acqua da più affluenti; la stanza riceve aria e luce da un ampio finestrone; le vele ricevevano il vento di fianco; mentre si sporgeva, ricevette una pallottola in pieno petto. Per estens., sostenere: il battaglione ricevette a piè fermo l’urto del nemico. 4. a. Con sign. non diverso da quello fondamentale, in espressioni in cui tuttavia assume maggiore evidenza il concetto della passività: nella proposizione attiva il soggetto fa l’azione, nella proposizione passiva la riceve (o subisce); r. una cortesia; r. liete accoglienze; r. soddisfazione di un’offesa. Con questo sign. forma parecchie locuz. che sono traducibili in un verbo passivo: r. lodi, essere lodato; ha ricevuto un’ottima educazione, è stato ottimamente educato; di cose spiacevoli: r. un torto, un’ingiustizia, un insulto, un affronto, subirli; r. un castigo, una punizione, una multa, essere punito, multato. b. Avere, subire, di oggetti sottoposti a una determinata lavorazione, a un determinato trattamento tecnico: i tessuti passano quindi in altre macchine, dove ricevono un’ulteriore rifinitura. c. Risentire un determinato effetto: r. giovamento, beneficio (da una cura, ecc.); r. danno, essere danneggiato; r. conforto, consolazione, sollievo, da qualcuno o da qualche cosa. d. Essere modificato da un’azione qualsiasi: questo sportello deve aver ricevuto una bella botta!; r. una buona, una cattiva, una forte impressione; i centri nervosi ricevono le eccitazioni dagli stimoli che agiscono su di essi. ◆ Part. pres. ricevènte, anche come agg. e sost. (v. la voce). ◆ Part. pass. ricevuto, anche come agg., soprattutto nel senso di accolto, accettato: l’opinione comunemente ricevuta; il testo fino a oggi ricevuto (con riferimento alla critica testuale); in un vocabolario, la regola da seguirsi è quella sicuramente di dare alle parole l’ortografia più ricevuta (V. Monti); chi lo volesse difendere in questo, ci sarebbe quella scusa così corrente e ricevuta, ch’erano errori del suo tempo, piuttosto che suoi (Manzoni).