ricoverare
(ant. o poet. ricovrare) v. tr. [lat. recŭpĕrare: v. ricuperare] (io ricóvero, ecc.). – 1. ant. Ricuperare, riacquistare: ricoverò tutto ciò che aver vi doveano interamente (Boccaccio); Ch’ei cercasse ... Del giovin ricovrar l’onor perduto (Firenzuola). 2. Dare, offrire ricovero, riparo, rifugio o asilo. Raro in usi generici, è com. nel sign. specifico di far entrare in un luogo di cura o di assistenza: r. un malato grave in ospedale, r. un vecchio in una casa di riposo. Frequente nel rifl., sia nell’uso specifico: ricoverarsi in una clinica, in un ospizio (anche assol.: si è fatto r., dovrà farsi r. [sottint. in ospedale, in clinica]), sia in usi generici: sorpreso dalla pioggia, si ricoverò in una capanna; durante le incursioni aeree molti si ricoveravano nelle cantine; molti perseguitati politici, durante il fascismo, si sono ricoverati in Francia; in senso fig.: errar vede il suo spirto Fra ’l compianto de’ templi acherontei, O ricovrarsi sotto le grandi ale Del perdono d’Iddio (Foscolo); anticam. e nell’uso letter., anche senza la particella pron., nel senso del più moderno riparare (v. riparare2): ricoverò in casa e serrossi dentro (Boccaccio); desideroso di ricoverare anch’egli nella stessa pace (Bacchelli). ◆ Part. pass. ricoverato, anche come agg. e s. m. (f. -a), di persona ricoverata in un ospizio, in un ospedale, ecc.: i vecchi, i poveri ricoverati; un malato grave, un ferito ricoverato; l’orario di visita ai ricoverati.