ricusare
ricuṡare (letter. recuṡare) v. tr. [dal lat. recusare, der. di causa (come accusare e excusare)]. – 1. Non accettare, non acconsentire (sinon. più elevato e raro, e in genere anche meno aspro, di rifiutare): r. un dono, un invito, una proposta, una lode; r. ringraziamenti, complimenti, conforti; r. una carica, un titolo onorifico; r. gentilmente ma con fermezza; non ne soglio prendere [tabacco], ma non vo’ ricusare le vostre grazie (Pellico); costruito con di e l’infinito: ricusò di bere, di mangiare, di domire; se bene sforzati di ubbidirlo, ricusarono di adorarlo (Leopardi); raro in riferimento a persone: io fui dunque solennemente ricusato, e mi fu preferito il suddetto giovine (Alfieri); ma specifico come termine giur. nell’espressione r. un giudice (v. ricusazione); accompagnato da compl. predicativo dell’oggetto: lo ricusò per marito; con rifiuto altero Già s’apprestava a ricusarlo [per compagno] Argante (T. Tasso). Come intr. pron., ricusarsi di (raram. a) fare una cosa, non acconsentire a farla, rifiutarsi di farla: si ricusò di vederlo, di riceverlo, di incontrarlo; s’era sempre ricusata d’assistere a questi esperimenti (Pirandello). 2. Nel linguaggio marin., con uso assol., si dice che il vento ricusa per significare che, nella manovra di una nave a vela, il vento scarseggia, oppure tende a girare verso prora, e non consente di eseguire la manovra desiderata (è il contr. di ridondare); si dice che la nave ricusa quando non riesce a virare di bordo in prora, e cioè a ricevere il vento dal lato contrario a quello di prima. Nell’uno e nell’altro caso, è usato anche rifiutare.