ridere
rìdere v. intr. [lat. ridēre, con mutamento di coniug.] (pass. rem. risi, ridésti, ecc.; part. pass. riso; aus. avere). – 1. a. Manifestare un sentimento di allegrezza spontanea, viva e per lo più improvvisa, mediante una tipica modificazione del ritmo respiratorio e variazione della mimica facciale (v. riso2): solo l’uomo, tra tutti gli animali, ha la capacità di r.; anche r. è una maniera di imparare (Gianni Rodari); il bambino non sa ancora parlare, ma già ride; cominciare, continuare a r.; non smetteva più di r.; a quell’uscita non poté trattenersi dal r.; la sua battuta mi ha fatto proprio r.; è una farsa tutta da ridere. Quanto al modo: r. a fior di labbra; r. sotto i baffi (più o meno celatamente e spesso con l’idea di benevola malizia) o anche, con sign. simile, sotto sotto o fra sé; r. un poco, forte, rumorosamente, liberamente, saporitamente, sgangheratamente, di gran cuore, a più non posso, senza frenarsi, come un matto, a crepapancia, a crepapelle. In espressioni iperb.: a sentire quei discorsi c’era da morir dal r.; è un comico che ti fa crepar dal ridere. b. Con riferimento al puro atto materiale, esterno: il solletico fa r.; in usi fig., scherz., di scarpe rotte o con le suole staccate: va in giro con le scarpe che gli ridono. c. In altri usi, in cui sull’idea dell’atto materiale prevale quella dell’atteggiamento spirituale che lo provoca, essere allegro, lieto, soddisfatto, o anche divertirsi: è un uomo che non ride mai; se vuoi r., va a vedere quella commedia, quel film. d. Contrapposto per lo più a piangere (nel senso di essere afflitto, scontento, star male, essere in cattiva situazione), in alcune frasi proverbiali: ride bene chi ride ultimo; chi ride di venerdì (o di sabato) piange di domenica, prov. che si ripete in varie occasioni, e soprattutto quando sembra che l’allegria sia eccessiva o inopportuna; chi ride in gioventù, piange in vecchiaia, chi fa vita scioperata da giovane, ne sopporta le conseguenze da vecchio; il popolo piange quando il tiranno ride; quando la montagna ride, il piano piange, per significare che le condizioni favorevoli alle colture non sono uguali per i terreni in piano e per quelli in collina (cfr. anche S’Africa pianse, Italia non ne rise e Se Messenia piange, Sparta non ride, versi rispettivamente del Petrarca e del V. Monti divenuti proverbiali). Altro senso ha nella contrapposizione aprile quando piange e quando ride, vi si alternano la pioggia e il sole. 2. Con usi estens., per indicare sentimenti diversi dall’allegria: a. R. a qualcuno, sorridergli in segno di affetto, di simpatia, di confidenza: il bambino già mi riconosce, mi ride appena mi vede. In senso fig., guardare con benevolenza, arridere, mostrarsi propizio: la vita, l’avvenire gli rideva davanti; finché la fortuna gli riderà, diventerà sempre più potente; La dea negli occhi folgorar vedresti E ’l ciel riderli a torno e li elementi (Poliziano). b. Per indicare derisione, compatimento, canzonatura, critica malevola, sarcasmo: crede di essere un dongiovanni, ma tutte le ragazze ridono di lui; r. delle superstizioni del popolino; da quando si è messo a fare il poeta tutti gli ridono dietro; non voglio farvi ridere alle mie spalle; a sentire le sue vanterie, non si può fare a meno di ridergli in faccia; se continuate a litigare così farete r. tutto il vicinato; r. di sé stesso, riconoscere il proprio sbaglio; r. delle proprie paure, dei proprî sospetti, capirne l’infondatezza. Spesso esprime sprezzante compassione rispetto ad atteggiamenti o discorsi scioccamente presuntuosi o goffamente strani: io per me, come l’Europa meridionale ride dei mariti innamorati delle mogli infedeli, così rido del genere umano innamorato della vita (Leopardi); le tue pretese mi fanno proprio r.; crede di essere un grande oratore, ma quando parla sul serio fa r.; quando ripenso al suo modo di ragionare, mi vien da r.; i suoi spropositi, se non facessero pena, farebbero proprio venire voglia di r.; ma non mi faccia r.!, soprattutto come frase di sprezzo volutamente offensiva; cose da far r. i sassi, i polli, le panche, ridicole, meschine, senza senso. c. Per condannare un’allegria fuori posto, inopportuna, che denoti leggerezza, stoltezza, mancanza di serietà e d’impegno, o sottolineare la serietà di una situazione, di un ambiente: c’è poco da r.; che c’è da r.? sto parlando di cose serie; non ho nessuna voglia di r.; tu ridi, ma io no. E, con più esplicita intonazione di minaccia o di rimprovero: bada che non rido; non è proprio il caso di ridere. A chi non prende sul serio, per stoltezza o leggerezza, una disgrazia o un pericolo o non riconosce la gravità d’uno sbaglio che ha commesso: non ha più un soldo, e ci ride anche!; dopo quello che hai fatto, hai ancora il coraggio di ridere? d. Con senso più oggettivo, scherzare, divertirsi: si fa tanto per r.; e volendo dire che un’azione è fatta per puro e innocente scherzo: non devi prendertela così, facevo per ridere. 3. Con la particella pron., ridersi, burlarsi, farsi beffe: grandissima pezza stettero in festa e in piacere, del misero scolare ridendosi (Boccaccio); tu ti ridi di me, e hai torto. Oggi è soprattutto com., in questo senso, ridersela e ridersene, che sono anche più efficaci: me la rido delle sue minacce; me ne rido di lui e delle sue ricchezze, me ne faccio beffe, non me ne curo affatto; e assol., ridersela, essere, mostrarsi, vivere spensierato, senza preoccuparsi di nulla: beato lui che se la ride! 4. fig., letter. Che esprime letizia, gioia, felicità, o che suscita in altri tali sentimenti, soprattutto con la propria bellezza, con lo splendore, con l’amenità: Quale ne’ plenilunii sereni Trivïa ride tra le ninfe etterne (Dante); Ridono i prati, e ’l ciel si rasserena (Petrarca); Fra l’erbe ove più ride primavera (Poliziano), dove essa ha fatto nascere più belli e colorati i fiori; gli ridevano avvivati dal freddo i colori della salute sul viso (Bacchelli); Una celeste serenità rideva in quella voce (A. Negri). In partic., e molto com. anche nel linguaggio corrente, riferito agli occhi, per indicare il trasparire in essi, nel loro luccichio, della gioia di cui l’animo è pieno: gli ridevano gli occhi per la felicità; guarda come le ridono gli occhi (v. anche ridente). Per estens., nell’uso letter. o elevato, brillare, luccicare: Vedi che tutte Le sue lacrime ridono Come la brina (D’Annunzio); le stelle ridevano nel cielo (o anche il cielo rideva di stelle). 5. Con uso trans., nel linguaggio letter. e poet.: la novella di Panfilo fu in parte risa e tutta commendata dalle donne (Boccaccio), fu accolta cioè dalle risa delle donne; in altri casi, deridere: Fa’ ch’om non rida il tuo proponimento! (G. Cavalcanti); oppure ridere di qualche cosa, non curarsene, farsene beffe: il nauta ride i furori D’euro che gl’ispidi flutti cavalca (Carducci). Con sign. e costruzione molto partic. e rari: E fior gialli e turchini ridea tutta l’erba al di sotto (Carducci), l’erba rideva di fiori, era ravvivata dal colore dei fiori che vi spuntavano. 6. Spesso sostantivato: forse che tu ti maravigli ... del rider ch’io fei (Dante); si fece un gran r.; sbellicarsi, morire dal ridere. ◆ Part. pres. ridènte, usato soprattutto come agg. (v.); più raram. con valore di participio: mi guardava ridente.