rimordere
rimòrdere v. tr. [lat. remordēre, comp. di re- e mordēre «mordere»] (coniug. come mordere). – 1. Mordere di nuovo: un’ape ingegnosa ... Alle guance di Fillide volando ... Le morse e le rimorse avidamente (T. Tasso). Anche, mordere chi ha morso per primo: morso a una mano, rimorse l’avversario a un orecchio. 2. fig. Con coscienza come soggetto, tormentare col ricordo consapevole del male commesso: là dove io onestamente viva né mi rimorda d’alcuna cosa la coscienza, parli chi vuole in contrario (Boccaccio); trattandomi voi ... nella maniera che mi trattate, non po’ esser che alcuna volta la vostra propria conscienzia, benché poca n’abbiate, non vi riprenda e rimorda (Speroni); con altro soggetto: il pensiero della sua vigliaccheria ancora lo rimorde; delitto, il quale adesso, nel declinare della sbornia, principiava a rimorderlo e a sgomentarlo (Morante); impers.: mi rimorde di essere giunto troppo tardi. Con soggetto di persona, in usi letter., rimproverare, tormentare: In cotal guisa rimordea sovente L’altero giovinetto e [= i] sacri amanti (Poliziano). ◆ Part. pres. rimordènte, anche come agg.: amarissime e rimordenti parole (Foscolo).