rozzo
różżo agg. [lat. *rŭdius, compar. neutro di rudis «rozzo»; v. rude]. – 1. a. raro. Ruvido, scabro: una lastra di pietra rozza. b. Di lavoro manuale o industriale, non compiutamente rifinito, appena abbozzato o digrossato: muro r., senza intonaco; tela r.; una statua r., sbozzata ma non rifinita. Per estens., fatto, costruito grossolanamente, senz’arte: sedie r.; una r. capanna; La fanciulla regal di r. spoglie S’ammanta (T. Tasso); di opere d’arte: versi, disegni, fregi r.; scultura rozza. 2. fig. Di persona non raffinata dall’educazione e dalla cultura: Già ’l r. zappator del campo sgombra (Poliziano); per estens., ingenuo, semplice, inesperto: io sono uomo di queste cose materiale e rozzo (Boccaccio); è un uomo r. ma buono; artista r. ma efficace; linguaggio rozzo. Ma più spesso, con intonazione spreg., zotico, maleducato: ha studiato, ma nell’animo è rimasto r.; gente scontrosa e r.; maniere r., villane. 3. In statistica, dati r., dati rilevati distribuendo le varie modalità del fenomeno studiato in categorie o intervalli troppo ampî (per es., la conoscenza del numero degli studenti universitarî iscritti nelle varie facoltà è un dato rozzo per lo studio dei probabili indirizzi professionali; sarebbe necessario a questo scopo conoscere la distribuzione nei varî corsi di laurea, nei varî anni di corso, ecc.). ◆ Dim. rożżétto, alquanto rozzo, riferito a persona, e soprattutto a ragazzo; accr. e pegg. rożżóne, rożżàccio (raro rożżonàccio), anche sostantivato: quel tuo amico è un rozzaccio. ◆ Avv. rożżaménte, in modo rozzo, con rozzezza.