rumore
rumóre (ant. o letter. romóre) s. m. [lat. rumor -ōris]. – 1. a. Qualsiasi perturbazione sonora che, emergendo dal silenzio (o anche da altri suoni), dia luogo a una sensazione acustica: il mondo finì di fare ogni moto e ogni romore sensibile (Leopardi); è quindi sinon. di suono, ma si usa soprattutto per suoni soggettivamente giudicati non musicali o che comunque riescano sgradevoli, fastidiosi, molesti, o addirittura dannosi (possono produrre nell’uomo effetti nocivi, sia acustici, che vanno da varî gradi di disturbi alla perdita totale dell’udito, sia non acustici, consistenti in cefalea, nausea, anoressia, disturbi psichici). È voce di largo uso e di sign. molto generico: il r. di un bottone che cade; il r. della pioggia, della cascata, del torrente, delle onde che si frangono sulla riva, del tuono; non esitò a internarsi sempre più nel bosco, dietro all’amico rumore (Manzoni), di Renzo che, giunto al confine, ha sentito il rumore dell’Adda; il r. dei passi, dei battimani, di uno schiaffo; il r. degli zoccoli, delle ruote sull’acciottolato; il r. della carrozza, del motore, del treno; il r. delle macchine, dell’officina, del traffico cittadino; e assol.: i r. m’impediscono di dormire; vorrei una casa lontana da ogni rumore. Con uso assol., eufemismo per peto: fare un r. (o, al dim., un rumorino). Con aggettivi che ne determinano l’intensità, la qualità o altre caratteristiche: r. impercettibile, lieve, sordo, confuso, cupo, grave, acuto, insistente; la porta si chiuse con un secco r.; il r. sottile e stridente della lima; il r. cadenzato dei magli; il r. assordante delle motociclette; il r. fastidioso, molesto di una radio a pieno volume; nella legislazione penale, r. molesti, quelli che disturbano la pubblica quiete, i cui autori sono perciò perseguibili con le pene previste dal codice. b. Voce, o insieme di voci, in quanto percepite come un suono più o meno confuso o indistinto: non fate r., abbassate la voce: c’è il bambino che dorme; I fanciulli gridando Su la piazzuola in frotta, E qua e là saltando, Fanno un lieto romore (Leopardi); dalla piazza saliva il r. della folla tumultuante. c. fig., ant. o letter. Voci di biasimo, di protesta, d’ira: Vidi Aci e Galatea, che ’n grembo gli era, E Polifemo farne gran romori (Petrarca); tumulto, rivolta, dimostrazione sediziosa: quando il romore contro al re si levò nella terra (Boccaccio); mettere a r. un luogo, sollevarlo a tumulto; mettersi a r., sollevarsi, ribellarsi: questi uomini e queste bestie si mettono a romore (Leopardi); menar r. di qualche cosa, menarne gran vanto; voce che corre, diceria o notizia più o meno confusa: tanto andò il romore di vicino in vicino, che egli pervenne infino a’ parenti della donna (Boccaccio); Ma precorsa è la fama apportatrice De’ veraci rumori e de’ bugiardi (T. Tasso); fama, gloria: Non è il mondan romore altro ch’un fiato Di vento (Dante). Nell’uso mod. è com. soltanto con riferimento a fatti, opere, ecc., che hanno una larga e profonda eco, che suscitano discussioni appassionate, polemiche, contrasti: una scoperta che ha fatto r.; il libro ha destato gran r. nell’ambiente letterario; per quel grave scandalo c’è stato molto r. in tutto il paese; è un fatto che ha messo a rumore tutta la città. 2. Usi e sign. scient. e tecn.: a. In acustica, emissione di perturbazioni elastiche udibili ma non caratterizzate da una frequenza determinata o prevalente, tale cioè da produrre un suono; essa è individuata da un’intensità (misurata in decibel), e da una composizione spettrale, ossia dall’ampiezza delle onde sonore alla cui sovrapposizione è dovuto il rumore stesso. In partic.: r. ambientale, quello presente in un determinato ambiente; r. di fondo, rumore ambientale che si presenta piuttosto uniforme o continuo. In relazione alle caratteristiche spettrali, r. bianco (in analogia con la luce bianca, costituita da un’infinità di luci colorate semplici distribuite nell’intero spettro visibile), rumore a largo spettro, cioè costituito da moltissimi suoni componenti con frequenze pressoché uniformemente distribuite in una larga porzione del campo acustico: per es. quello di un ambiente in cui siano riunite molte persone in animata conversazione; in contrapp., r. colorato, quello caratterizzato dalla presenza, nello spettro, di suoni componenti prevalenti sugli altri. b. Per estens., in fisica, si parla di r. di fondo con riferimento alle perturbazioni ineliminabili che limitano la precisione degli strumenti di misura meccanici, elettrici, ecc., in seguito alle fluttuazioni casuali, indotte dall’agitazione termica, dei loro organi meccanici, delle correnti che li percorrono, ecc. c. In elettrotecnica e in elettronica, r. elettrico, l’insieme dei segnali elettrici spurî: in partic., r. radioelettrico (o elettromagnetico), costituito da radioonde oppure da tensioni indotte da radioonde; rapporto segnale-r., il rapporto fra l’ampiezza dei segnali utilizzati dal sistema considerato e l’ampiezza dei segnali costituenti il rumore; cifra (o fattore) di r., negli amplificatori, nei radioricevitori, ecc., il quoziente, espresso in decibel, fra il rapporto segnale-rumore in uscita e quello in entrata, che costituisce una misura sintetica della rumorosità dell’apparecchio. d. In teoria e tecnica delle comunicazioni, qualsiasi disturbo che, interferendo col segnale utile, ne alteri le caratteristiche compromettendone più o meno gravemente l’intelligibilità. Il rumore può essere di origine interna oppure esterna al sistema di comunicazione, e può essere anche costituito da un segnale della stessa natura di quello utile, ma con diverso destinatario. e. In radioastronomia, r. galattico, r. solare, espressioni con cui viene talora indicata l’emissione di onde a radiofrequenza da parte delle galassie o del Sole. f. In informatica, errore introdotto nei dati dai disturbi presenti in un dispositivo di elaborazione o di trasmissione, spec. in una linea di trasmissione dei dati. g. In medicina, fenomeno acustico, spesso di natura patologica, che viene percepito mediante l’ascoltazione: r. bronco-polmonari, distinti in secchi (fischi, ronchi, sibili) quando provocati dal passaggio dell’aria in bronchi ristretti, per es., dalla presenza di essudato viscoso, e in umidi (rantoli) se prodotti dal flusso dell’aria in bronchi o in cavità polmonari comunicanti con un bronco contenenti secreto fluido; r. cardiaci, quelli che si differenziano nettamente dai toni normali e che permettono di ricavare dati molto importanti sulle condizioni delle valvole cardiache, presentando caratteristiche diverse in rapporto al punto nel quale possono essere percepiti, alla direzione nella quale si propagano, all’intensità e ai caratteri fonici. ◆ Dim. rumorétto, rumorino; pegg. rumoràccio.