sacramento
sacraménto (ant. sagraménto e, nel sign. 1, saraménto) s. m. [dal lat. sacramentum, der. di sacrare «consacrare»; in origine «pegno, giuramento», e quindi «pegno della fede, atto sacro»]. – 1. Termine che in latino (sacramentum) aveva un valore prevalentemente giuridico, indicando all’inizio il deposito all’erario fatto da parte di chi perdeva un processo; in seguito indicò anche il giuramento delle reclute al servizio militare, rappresentando in entrambi i casi un impegno di fronte alla divinità. In epoca successiva passò a significare un particolare modo di risolvere le controversie processuali, consistente nel far prevalere la parte che avesse con giuramento assertorio affermato la propria pretesa; chi giurava, consacrava la sua persona alla divinità in caso di giuramento falso. Di qui, nell’ital. ant. o letter., il sign. di giuramento solenne, o anche, più genericam., di asserzione giurata: in mentre che la republica visse immaculata, mai ... alcuno d’infima fortuna pensò di violare il sacramento (Machiavelli); fare sacramento, giurare solennemente: e a te guardando, O bel sole di Dio, fo sacramento (Carducci). 2. Dagli scrittori cristiani il termine latino è stato adottato per rendere il gr. μυστήριον, che significava ciò che è segreto e soprattutto, al plur., le iniziazioni religiose che imponevano il segreto nelle cerimonie e nelle dottrine, e quindi tutto il complesso dei riti che introducono nella vita della Chiesa e conducono alla salvezza, concetto che, nello sviluppo della riflessione religiosa, si precisa come segno visibile istituito da Cristo per comunicare la grazia derivante dalla sua stessa incarnazione, passione e morte. Diversi sono nelle varie Chiese cristiane la teologia dei sacramenti e il loro numero: se nel medioevo (sec. 12°) la Chiesa cattolica ha fissato i sacramenti in numero di sette (battesimo, cresima o confermazione, eucaristia, penitenza, unzione degli infermi, ordine sacro, matrimonio; lo stesso numero è per le Chiese orientali che riconoscono tali sacramenti), le Chiese riformate considerano propriamente sacramenti, in quanto istituiti da Cristo, solo il battesimo e la cena (eucaristia). La teologia contemporanea ha posto l’accento sul carattere ecclesiale ed escatologico del concetto di sacramento, il quale sta anzitutto a indicare l’azione salvifica di Dio che attraverso Cristo rende l’uomo partecipe della vita divina e che si realizza storicamente nella Chiesa come comunità di credenti volta ad attuare la presenza di Dio nel mondo. Nell’uso comune, il termine, oltre che nel suo sign. più ampio (così nelle espressioni amministrare, conferire, ricevere un s., mentre accostarsi ai s. significa in genere fare la confessione e la comunione), è spesso riferito soprattutto all’ostia consacrata, al pane eucaristico, ed è per lo più accompagnato, per devozione e rispetto, da un aggettivo: portare in processione il divino S.; esposizione, adorazione del santissimo Sacramento. Al contrario, con uso profano non più com., la parola ricorre come interiezione blasfema o comunque poco riguardosa di meraviglia, di contrarietà, di indignazione e sim.: sacramento!; per tutti i sacramenti! Appartiene al linguaggio fam. la locuz. fig. fare qualcosa con tutti i s., con scrupolosa diligenza e con impegno, con assoluto rispetto delle regole: un lavoro fatto con tutti i sacramenti.