saluto
s. m. [der. di salutare2]. – 1. a. Atto, costituito da un cenno, da un gesto, accompagnato per lo più da parole, e talora consistente anche di sole parole, che si scambia con una persona nel momento in cui la si incontra, o quando si prende commiato da lei, per manifestare rispetto, affetto, simpatia, devozione, sottomissione (ma spesso è un semplice atto di cortesia formale): ricevere, rivolgere un s.; ricambiare o rendere il s.; rispondere al s.; fare un cenno di s.; fare un s. con la mano, con un cenno del capo; inchinarsi, levarsi il cappello, stringere la mano in segno di s.; levare, togliere il s. a qualcuno, cessare di salutarlo, per dimostrare il proprio rancore, o la propria disistima, disapprovazione e sim., e per estens. troncare ogni rapporto con lui. In riunioni pubbliche, assemblee, convegni e sim., breve discorso formale: l’oratore ha rivolto un s. a tutti i presenti; il ministro ha portato il s. del governo ai partecipanti al congresso; il s. del pubblico fu un lungo applauso; talvolta iron.: è stato accolto da un s. di fischi; anche, gesto di omaggio rivolto a cose, edifici, istituzioni e sim. cui sia dovuto rispetto e venerazione: fare il s. alla chiesa (o nel passare davanti a una chiesa), il s. alla bandiera, a un feretro, a un funerale. Come formula scritta di cortesia, nella chiusa di lettere, o nella trasmissione per interposta persona, per lo più al plur.: le porgo i miei s.; con i migliori s.; i più cordiali, i più affettuosi s.; distinti s.; è arrivata una cartolina con i suoi s.; aggiungi nella lettera anche i miei s.; tanti s., tanti cari s. (con altro tono e senso l’espressione tanti s. è anche usata per troncare un discorso, una situazione, per congedarsi o congedare bruscamente qualcuno); trasmetterò i tuoi s.; portagli i miei saluti. b. Il modo di salutare; il gesto, le parole, o l’espressione, il tono con cui si saluta: un s. rispettoso, ossequioso, cordiale, amichevole, affettuoso, caloroso, freddo, glaciale, formale; s. romano, e s. fascista, fatto con il braccio alzato e la mano tesa. c. Analogam., in varie competizioni sportive (tennis, pugilato, scherma, ecc.), atto di omaggio che, in forme diverse, un atleta rivolge all’avversario e ai presenti prima di iniziare l’incontro. d. Segno di deferenza e onore, in uso nelle forze armate dei diversi paesi, dove è eseguito nei modi prescritti dal regolamento; può assumere forme speciali (per lo più squilli di tromba, salve di artiglieria, ecc.) se rivolto ai capi di stato, ad alte personalità nazionali o straniere, ai caduti in guerra o in servizio: s. militare, nelle Forze Armate italiane, eseguito di norma portando la mano destra distesa alla visiera del berretto (fare il s. al capitano, alla sentinella, alla bandiera; s. individuale; s. di reparto; il s. con l’arma). Nella marina: s. con le sirene, s. con la bandiera (abbassando e rialzando cioè la bandiera nazionale), in uso tra navi mercantili e militari in mare; s. con le artiglierie (sparando un determinato numero – sempre dispari, e al massimo 21 – di colpi a salve), in onore di autorità o all’arrivo in un porto estero; s. alla voce (lanciando tre volte un grido di omaggio da parte dell’equipaggio schierato in parata sull’alberatura e sui ponti scoperti), in onore di capi di stato, o dell’ammiraglio all’atto della cessione o assunzione del comando; s. con il fischio o con i segnali di fischietto, in uso sulle navi militari per rendere gli onori agli ufficiali e alle alte cariche dello stato che salgono o scendono da bordo, effettuato da uno o più sottufficiali nocchieri all’ordine di due alla banda!, quattro alla banda! (rispettivam. per gli ufficiali inferiori e per quelli superiori); sei alla banda!, otto alla banda! (insieme con lo schieramento di un picchetto in armi, per gli ufficiali ammiragli e i ministri, e rispettivam. per i capi di stato). 2. Nella tradizione trovadorica, s. d’amore, genere di lirica amorosa in forma epistolare. 3. In diplomatica (soprattutto nella forma lat. salutatio), la formula di saluto che nei documenti pubblici medievali chiude l’intitolazione. 4. In numismatica, nome di varie monete recanti sul rovescio l’effigie della salutazione angelica, e in partic. della moneta d’oro emessa da Carlo I d’Angiò re di Sicilia (1226-1285), della bontà di 24 carati e del valore di 4 tarì d’oro; con gli stessi tipi fu coniato il s. d’argento (e tali monete ebbero poi la denominazione di carlino). 5. In etologia, con riferimento ad animali, insieme di comportamenti aventi la funzione di neutralizzare la naturale aggressività che si manifesta allorché viene superata (per motivi legati all’accoppiamento, a esigenze di contatto nei gruppi sociali, ecc.) la distanza che naturalmente separa due individui della stessa specie; tali comportamenti imitano, in genere, gesti degli immaturi (come la richiesta di cibo in molte specie di uccelli), ovvero tendono a dissimulare segnali che risvegliano, normalmente, l’aggressività (come per es. i gabbiani che girano il capo evitando così di mostrare la maschera nera), oppure consistono semplicemente nel volgere altrove le potenziali armi di offesa (come le cornacchie e le cicogne, che rivolgono il becco all’indietro). 6. Nel linguaggio marin., l’inclinazione o il movimento verticale, a tuffo, specie di brusco beccheggio che la nave compie talvolta alla fine del varo, quando lo scalo è relativamente corto, nel momento in cui abbandona lo scalo stesso e prende a galleggiare liberamente (cfr. strapiombo, nel sign. 2). Inclinazione laterale o sbandamento di saluto, nei cambiamenti di rotta (accostate o virate), spec. quando sono effettuati in velocità, inclinazione o sbandamento della nave prima all’interno della traiettoria (nella fase iniziale dell’evoluzione) e poi verso l’esterno; tali movimenti, originati dalla coppia sbandante costituita dalla risultante delle resistenze del timone e della carena e dalla risultante delle forze d’inerzia agenti sullo scafo, sono direttamente proporzionali al quadrato della velocità e inversamente proporzionali al raggio di girazione e all’altezza metacentrica della nave. ◆ Dim. salutino, breve saluto o visita di saluto: passo a dare un salutino a mia madre; accr., scherz., salutóne. ◆ Con valore accr. è usato talvolta, in contesti scherz., il superlativo plur. salutìssimi, spec. in cartoline o nella chiusa di lettere.