salvo
agg. [lat. salvus, della stessa radice di salus «salute»]. – 1. a. Che ha superato un pericolo, anche grave, senza subire alcun danno; incolume, illeso, intatto: è difficile uscire salvi da imprese di quel tipo; l’aereo è stato costretto a un atterraggio di fortuna, ma i passeggeri sono s.; le ferite sono abbastanza gravi, ma pare che gli organi vitali siano s.; come rafforzativo di sano (anche senza riferimento a pericoli reali): siamo rientrati a casa sani e s.; è tornato dal viaggio sano e s.; eccomi qua, sano e salvo! Raro, e solo ant., sicuro da danni e pericoli: Costor sian salvi infino a l’altro scheggio (Dante). Col primo sign., anche riferito a cose: la carrozzeria è andata distrutta, ma il motore è s.; il pacco è arrivato sano e s.; e di cosa astratta: tutto è perduto, ma l’onore è s.; la sua reputazione è salva. b. Fuori di pericolo, che non corre più alcun pericolo: il bambino è nato con difficoltà, ma ormai è s.; è ancora in camera di rianimazione, ma è ormai s.; grazie a Dio, siamo s.; se il vento si calma, possiamo dirci s.; sono salvo!, come esclamazione, vedendosi ormai fuori di un pericolo, anche non grave (per esempio, dopo aver attraversato la strada in pieno traffico, o evitato un’interrogazione a scuola, scansato un seccatore, e sim.). In senso spirituale, che ha raggiunto la salvezza eterna, e non corre perciò più il pericolo della dannazione: pregavano perché la sua anima fosse s.; chi ha fede sarà salvo. c. Nel gioco del baseball, termine usato talvolta in luogo dell’ingl. safe (v.). d. Locuz. particolari: avere salva la vita, essere liberato dal pericolo di morire, di essere ucciso (e analogam.: lasciare, promettere s. la vita a qualcuno; tieni la bocca chiusa se vuoi s. la vita!); a man salva, nell’espressione rubare a man s., a più non posso, ma anticam. anche in altre espressioni, e con sign. più prossimo a quello originario (senza fatica, senza lotta, senza incontrare resistenza): una galea di corsari sopravvenne, la quale tutti a man salva gli prese (Boccaccio). 2. Come s. m., nella locuz. in salvo, al sicuro, al riparo da ogni pericolo, da ogni possibile perdita o danno: siamo finalmente in s.; è riuscito a mettere in s. i quadri più preziosi della sua collezione; trarre in s.; portare, condurre in s.; rifl., mettersi in s., salvarsi: si sono messi in s. espatriando clandestinamente. Region., mettere, tenere in s., mettere o tenere da parte, in serbo. 3. In costruzione assoluta, è forma ellittica per «a condizione che sia salvo, che non patisca danno o pregiudizio»: deve prevalere l’interesse della comunità, salvi tuttavia i diritti dei singoli; si arresero, salvi la vita e gli averi, a condizione di conservarli. È usata anche l’espressione salvo il vero, se non mi sbaglio (propr.: sempre rispettando il vero, se questo fosse diverso da ciò che io affermo): s. il vero, la spesa si aggira sui cinquemila euro. 4. Con valore di prep., invar., eccetto, fuorché, tranne: sono stati promossi tutti, salvo due o tre; siamo d’accordo su ogni punto salvo la cifra (o anche: salvo che sulla cifra). In partic.: a. Nella pratica mercantile: s. arrivo, formula con cui si qualifica una vendita di merce che viaggia o dovrà viaggiare per mare su nave designata o da designare dal venditore entro un determinato termine, vendita sottoposta alla condizione sospensiva del felice arrivo della nave al porto di destinazione; salvo errori e omissioni, clausola apposta (di solito nella scrittura abbreviata S. E. e O., o piuttosto S. E. & O.) su fatture e altri prospetti di conteggi con cui si esprimono riserve in merito ai dati indicati per eventuali errori di calcolo e omissioni; s. venduto, condizione che non rende impegnativa l’offerta di vendita, oppure che sottopone a risoluzione il contratto di compravendita di merce per quella parte di essa che nel frattempo sia stata venduta. Altre clausole ricorrenti nella pratica mercantile e in contratti sono di facile intuizione: salvo conferma, salvo disdetta, salvo imprevisti, salvo rinuncia, salvo (cause di) forza maggiore, ecc. b. Nella pratica bancaria e borsistica: s. avviso, condizione di un contratto di corrispondenza tra banche che subordina il pagamento da parte di una di esse degli assegni emessi dall’altra a favore di terzi alla comunicazione dell’avvenuta loro emissione; s. buon fine, condizione che sottopone ad annullamento la partita registrata in un conto qualora essa non abbia esito (ma anche con altri usi e riferimenti più generici); s. incasso, condizione che sottopone a validità l’accreditamento in un conto corrente di un titolo di credito soltanto ad avvenuto incasso dell’importo di esso; s. meglio, clausola inserita in un ordine di borsa, con la quale si fa obbligo di eseguire l’ordine al prezzo indicato o a quello più favorevole che il mercato consenta. 5. Seguito da che, più raram. da se, forma una locuz. congiuntiva che introduce proposizioni limitative, con il sign. di «a meno che, escluso il caso che, a parte l’eventualità che»: verrò di sicuro, salvo che (o salvo se, salvo il caso che) non ci sia lo sciopero degli autobus; fai ciò che ti sembra meglio, salvo che non ti venga ordinato diversamente; e con che sottinteso: ti telefonerò ogni tre o quattro giorni, salvo ci sia (o salvo non ci sia) qualcosa d’urgente. Con altro sign., salvo che (con il verbo all’indicativo), eccetto che, senonché: Da indi in giuso [il veglio di Creta] è tutto ferro eletto, Salvo che ’l destro piede è terra cotta (Dante).